
Giovani protagonisti sulla… Via Crucis
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«Questa Città si rialza, soltanto se riparte dai suoi professionisti». Ne è convinto Stefano Poeta, presidente dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Reggio Calabria. Lo abbiamo intervistato.
Una professione radicata nel passato, ma proiettata nel futuro. In via preliminare, però, vorrei chiederle qual è il presente della professione in Calabria?
È sicuramente un professione difficile che si sta rigenerando attraverso la formazione qualificata nelle alveo delle opportunità riservate dalla normativa. Se dovessi sintetizzare la nostra missione utilizzerei tre termini: privacy, anticorruzione e trasparenza. L’obiettivo è quello di proporsi come consulente «a tutto tondo» nei confronti delle aziende e delle Istituzioni. In particolare, va osservato il grande lavoro svolto coi Tribunali, basti pensare l’attività di amministrazione giudiziaria, procedure concorsuali o sovrindebitamento. Ovviamente, rispetto alla cura delle imprese resta la sfida delle anticipazioni – da rendere ai propri clienti – rispetto agli stati d’allerta nella gestione finanziari dell’azienda.
Giocando ancora tra presente e futuro. Spesso il commercialista è un vero e proprio consulente d’impresa. Se oggi un giovane arrivasse da lei con l’idea di avviare una start–up, quali sarebbero i suoi consigli?
Partiamo da un assunto: l’attività «in proprio» non deve essere un ripiego. Per questo gli direi: «Attento, perché oggi nessuno ti regala niente». Prima di iniziare un’attività, credo sia fondamentale essere ampiamente professionalizzato in quel settore. Infatti, sebbene le start–up godino di agevolazioni fiscali e contributive, bisogna sempre ragionare nella logica dell’investimento. Per fare impresa, bisogna metterci del proprio: in termini di tempo, ma anche economici; pertanto, l’approccio deve essere serio. Occorre iniziare a «piccoli passi»: conoscere il mercato nell’area geografica di riferimento; avviare un rapporto di affidabilità coi fornitori e controllare i costi di gestione. Altro discorso è relativo all’impegno delle Istituzioni verso chi si approccia al mondo della imprenditoria o del mondo professionale. In quel senso serve soltanto un’attenzione: la semplificazione, cioè sollevare i contribuenti dal macigno burocratico dell’apparato pubblico.
Spesso i commercialisti sono chiamati ad assolvere a un dovere ostico per il cittadino/imprenditore ossia comprende i dettami della burocrazia. Crede che investendo nell’innovazione si potrebbe velocizzare lo sviluppo del Paese e del Mezzogiorno?
Ad essere sinceri, il grande gap col Nord credo si ridurrebbe notevolmente investendo nelle infrastrutture. So, che questo è un discorso che esula dal mio approccio tecnico–professionale, ma urge riportare l’esperienza quotidiana di ciascuno di noi. Questo semplificherebbe l’agire degli operatori economici del territorio. Rispetto alla burocrazia, altresì, registriamo una triste «resistenza» da parte delle Istituzioni: l’imprenditoria va agevolata, non impaurita. E in questo contesto, il commercialista si trova al centro di questi meandri spesso incomprensibili. Restiamo sempre alla società 4.0; nel libro sul 70esimo si ribadisce a più riprese la volontà di una svolta hi– tech della professione.
Parliamo di fatturazione elettronica. Vantaggio o limite?
Devo essere sincero: la fatturazione elettronica ha trasferito al consulente soltanto ulteriori adempimenti. L’azienda strutturata la fa tranquillamente, discorso diverso è per le piccole imprese – spesso a conduzione familiare – che opera in questa specifica azione amministrativa affidandosi totalmente al commercialista. Le attività produttive, ancora, non hanno acquisito al meglio questo processo tecnologico.
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