Avvenire di Calabria

Marco Birolini, giornalista di Avvenire, e Stefania Penteriani, direttrice del santalessandro.org, ci raccontano il Covid-19 dal cuore dell'emergenza

[VIDEO] La testimonianza da Bergamo: «Ci sentiamo abbandonati»

Federico Minniti

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«Questo è il momento del dolore; ieri sera è stata dura vedere i camion dell'esercito, però credo che non sia il momento di stare zitti perché qualcuno all'inizio ha sottovalutato la situazione in modo colpevole perché c'erano già i virologi che dicevano "state a casa"». Ha la voce rotta dalla commozione, il giornalista di Avvenire, Marco Birolini collegato via Skype dalla sua Bergamo assieme a Sabrina Penteriani, direttrice del santalessandro.org, sito di informazione della diocesi orobica. 

Per questa intervista digitale siamo andati nel cuore dell'emergenza sanitaria in Italia. Quella Bergamo funestata dalle morti da Covid-19. Grazie alla disponibilità dei due colleghi abbiamo provato a comprendere quale sia il clima nella Città lombarda.

Il dolore collettivo. «È un momento di gravissima difficoltà; l'immagine dei feretri scortati dall'esercito non la scorderemo mai più. Una Bergamo deserta - spiega Panteriani - che con quel silenzio hanno accompagnato quei concittadini che non ce l'hanno fatta. L'atmosfera è molto cupa; ieri mattina sono uscita: non ho incontrato nessuno, se non le pattuglie delle forze dell'ordine. Stamattina abbiamo tantissimi motivi di preoccupazione: la nostra sanità è sovraccarica, mentre il progetto dell'ospedale da campo è stato fermato. Quel 22 febbraio, quando aveva soltanto un caso o due, non ci saremmo mai sognati di precepitare in una situazione del genere».

L'emergenza ignorata. «All'inizio non c'è stata nessuna percezione del fenomeno; - spiega Birolini - il ritornello che si ripete adesso è: "Non è il momento delle polemiche". Però bisogna raccontare quanto è accaduto: addirittura, all'inizio, "c'era chi invitava a vivere la Città". C'erano tutti gli strumenti per capire che la situazione era grave; erano già passati 10 giorni dai primi casi e lo dicevano tutti gli specialisti. Ma, a Bergamo, non li abbiamo voluto ascoltare. Ad Alzano (l'epicentro del contagio, ndr), è stato fatto un macello sotto il profilo sanitario come abbiamo registrato da una fonte tutelata e coperta; ma anche in quei casi parlavano di "lettera anonima". E poi c'è chi ha premuto a non istituire la Zona Rossa ad Alzano nei tempi più congrui. È giusto piangere, ma anche arrabbiarci: qualcuno forse non ha sbagliato in buona fede».

I disservizi nei soccorsi. «Tutto quello che sta succendendo - spiega il giornalista di Avvenire - è colpa della disorganizzazione storica a cui siamo abituati in Italia; abbiamo affrontato il virus come gli alpini in Russia: con gli scarponi di cartone nel ghiaccio. Tanti stanno combattendo da soli in casi, molti con le bombole di ossigeno. Ma l'ossigeno non si trova più». Birolini evidenzia come «nei giorni scorsi si è verificata una cosa grave: il 112 per ore non rispondeva. Queste condizioni significano solo una cosa: lo Stato non c'è più». «I tamponi vengono fatti in ospedale, tutti gli altri non vengono analizzati - prosegue Panteriani - tutti abbiamo 7 amici su 10 che è raffreddato o ha la febbre. Potenzialmente tutti siamo infetti, fino a prova contraria».

L'appello ai calabresi. «Bisogna stare a casa; e, soprattutto, bisogna tutelare i sanitari dotandoli della giusta protezione: a Bergamo, i medici - per oltre una settimana - hanno visitato i pazienti senza mascherine. Questo ha inevitabilmente allargato il contagio a dismisura:», afferma Birolini. Gli fa eco la direttrice del santalessandro.org: «Qualcuno può avere l'impressione che i provvedimenti siano esagerati; non è così: prendete molto sul serio tutto quello che viene richiesto. A volte ci si perde in sciocchezze, ma la responsabilità è nelle mani di tutti».


Il ruolo della Chiesa. «Il primo segnale è stato di fatica con la chiusura di tutti gli oratori e la sospensione di tutte le funzioni religiose. Un aspetto che si sta vivendo con grande dolore è la sospensione dei funerali e il conforto religioso in questa fase delicatissima. C'è state, però, una fortissima reazione da parte delle parrocchie - conclude Panteriani - ci sono preti di frontiere che sono in corsia vicino ai malati; così come ci sono sacerdoti che raggiungo i fedeli coi podcast o con le celebrazioni in streaming. La Chiesa ha fatto un grande salto nell'evangelizzazione digitale per creare dei legami che siano diversi».

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