Avvenire di Calabria

Il racconto sul giorno più bello di una coppia reggina. Sposati nella pandemia

Vivere il matrimonio ai tempi del Covid-19

Redazione Web

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Diamo spazio alla testimonianza di coppie unite nel matrimonio in tempi coronavirus, ancor prima che si trasmettesse la nota del Ministero dell’Interno in risposta ai quesiti posti dalla segreteria generale della Cei che in proposito chiedeva delle deroghe. Nello specifico, il Comitato tecnico scientifico raccomanda che chi distribuisce la Comunione «proceda a una scrupolosa detersione delle proprie mani con soluzioni idroalcoliche» e che le ostie siano «depositate nelle mani dei fedeli evitando qualsiasi contatto» Quanto ai matrimoni, si osserva che «non potendo certamente essere considerati estranei tra loro i coniugi possano evitare le mascherine». Resta invece la raccomandazione che l’officiante usi «il dispositivo di protezione delle vie respiratorie e rispetti il distanziamento fisico di almeno un metro».

di Giovanna La Face - È un’assolata mattina di giugno e le campane suonano a festa. Una macchina scura si ferma davanti alla parrocchia di san Luca Evangelista, la sposa ha solo 10 minuti di ritardo – o almeno questo è ciò che lei sostiene. Con un elegante vestito scuro, lo sposo la aspetta sul sagrato. Non appena si vedono, gli occhi si illuminano e mano nella mano raggiungono l’altare. Sulle loro eleganti mascherine artigianali è dipinto un cuore con le iniziali. I cuori degli invitati, di presenza e collegati in streaming anche da diverse parti d’Europa, vibrano all’unisono sulle note precise, leggere e avvolgenti della marcia di Mendelssohn. Non c’è pandemia né misura di sicurezza che tenga: l’amore, in Cristo, trionfa sempre. La parola di vita sulla quale Nicola e Stefania hanno deciso di costruire la loro famiglia non solo incarna il loro spirito di francescani secolari, ma sembra rivelare a tutti i cristiani quale sia il senso più profondo nella scelta di vivere oggi un matrimonio. «Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta». (Mt 6, 31–33) Chi ci è passato lo sa. Organizzare un matrimonio vuol dire preoccuparsi del mangiare, del bere, del vestito, ma anche del fotografo, della macchina, dell’allestimento, della musica in chiesa e in sala, del non mettere persone che non si sopportano nello stesso tavolo o del sistemare in maniera strategica gli amici single (che non si sa mai...). Preoccupazioni che si amplificano se nel posto in cui vivi gli ingranaggi che fanno muovere la società si stanno lentamente rimettendo in moto dopo un lungo stop forzato e la paura ancora abita il cuore. Ma la scelta di Nicola e Stefania è frutto della santa incoscienza predicata nel Vangelo, dal volersi affidare fino in fondo a Dio Padre e alla Vergine Maria che non ha fatto mancare il vino alla loro festa. Non è mancata la comprensione e l’accoglienza da parte di parenti e amici davanti alla richiesta di collegarsi in streaming. Non è mancata la vicinanza della famiglia francescana che ha accompagnato gli sposi con un mini–coro in mascherina e con la sorpresa della benedizione a frate Leone registrata a distanza anche da chi è costretto all’estero. Non sono mancate le lacrime, i fiori, le foto, un pranzo intimo di famiglia per celebrare quello che rimarrà nella storia come il primo matrimonio Covid–19 della nostra diocesi. Ed è bello poter tacere di tutte quelle cose che non sono andate come avrebbero voluto. Non per ignorare le serie criticità e le difficoltà legate alle restrizioni che hanno fermato l’economia legata alle cerimonie matrimoniali, ma per evitare di cadere nella retorica e infondere speranza. Il 13 giugno è stata una data importante per molti di noi: abbiamo visto, ancora una volta, l’amore vincere.

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