Avvenire di Calabria

La ballerina e pittrice milanese racconta la sua mitezza d’animo nelle fragilità

Vocazione&fragilità. Simona Atzori: «La mia vita? Dono di Dio»

Luigi Iacopino

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Simona Atzori, campionessa di vita. L’abbiamo incontrata durante la Giornata Mondiale per le Vocazioni in Piazza Duomo a Reggio Calabria.

Qual è il suo rapporto con Dio?

Rispondo sempre a questa domanda partendo dal senso della mia vita, quindi la mia nascita vista come un dono grande. Immagino Dio come un grande artista che ha un progetto per ognuno di noi e il mio è quella che sto vivendo. Il mio rapporto con Dio si sviluppa nel cercare attraverso la pittura, la danza, la parola, la scrittura, il modo per ringraziare e restituire di questo dono.

Come affrontare le iniquità con mitezza?

In realtà è una voglia di trovare un senso mio per poi condividerlo con gli altri e donare la possibilità di vederlo in sé stessi. Penso che sia un fondamento di vita per tutti e che tutti abbiano il bisogno e il diritto di poterla vedere in questo modo.

Cosa si sente di dire a un giovane che si pone domande sulla propria esistenza?

Di mettersi in viaggio perché è il percorso che da senso alla nostra vita. Il problema è proprio smettere di porsi domande di senso. Le risposte arrivano in momenti diversi, a volte quando meno ce lo aspettiamo, camminando e andandole a cercare.

Arte& Sport. I luoghi in cui si sviluppano queste attività riescono a essere “testimoni” dell’amore di Dio?

Ci sono tanti luoghi, sia di arte che di sport, in cui le persone possono cercare quello che è più in sintonia con sé stessi.

Cosa direbbe a chi gode di visibilità tra i più giovani?

Bisognerebbe innanzitutto sentirsi responsabili del messaggio che si dà. La consapevolezza prima di tutto deve essere da parte della persona che ha un ruolo e viene guardata in un certo modo dai ragazzi. I messaggi, poi, possono essere diversi. Anche fare pubblicità, far divertire o insegnare ai ragazzi a non prendersi troppo sul serio, in qualche modo è una responsabilità. Però l’importante è essere consapevoli di non lanciare cose al vento ma sapere che c’è sempre un pubblico che recepisce, guarda e ascolta.

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