Avvenire di Calabria

Dalla Regione esultano per l'approvazione della norma attuativa, ma dal mondo del Terzo Settore c'è chi spegne questi facili entusiasmi

Welfare, Squillaci: «Regolamento (approvato) non è una riforma»

Luciano Squillaci

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È il miglior Regolamento di attuazione che potevamo sognare? Certamente no. Garantisce in toto i servizi socio-assistenziali calabresi? Assolutamente no. È la soluzione ai problemi del welfare calabrese? Ancora più convintamente, no.

Eppure, nonostante tutto, sono fermamente convinto che il Regolamento attuativo della L.328 del 2000, che ieri ha incassato a maggioranza il parere positivo della terza commissione del Consiglio Regionale, rappresenta un passo avanti fondamentale per la costruzione, anche in Calabria, di un moderno sistema di servizi sociali.
E questo non solo perché sono passati quasi 20 anni dalla legge 328 e quasi 17 dalla L.R.23/2003 che la recepiva nella nostra regione. Ma soprattutto perché il regolamento approvato rappresenta il primo, necessario, passo verso una nuova stagione per le politiche sociali, per iniziare a ragionare in termini di programmazione, di piani di zona e di accreditamento dei servizi.
 
Un regolamento che non è una riforma! Una riforma è ben altro! Certo, avremmo voluto qualcosa di più e forse anche di diverso. A dire il vero cose che avevamo già ottenuto con la DGR 449/2017, poi inopinatamente annullata dal TAR, a partire da rette adeguate ed immediata applicabilità ai servizi in essere.
Ma tant’è, pur non condividendo il criterio di calcolo delle tariffe, che non tengono conto fino in fondo del costo del personale, abbiamo obtorto collo accettato in Conferenza Permanente l’ultima versione del Regolamento, con la garanzia che, immediatamente dopo la sua approvazione, saremmo tornati a ragionare sulle parti da implementare e sistemare.

Abbiamo accettato per forzare un processo che altrimenti, alla vigilia di nuove elezioni regionali, avrebbe rischiato di saltare ed essere rinviato sine die.
Abbiamo accettato perché le attuali tariffe (ad esempio 31 euro per una struttura residenziale per minori!) non sono solo inadeguate, sono illegali! C’è da chiedersi come mai chi oggi si scaglia contro il Regolamento paventando scippi e violazioni costituzionali, negli anni passati non ha avuto altrettanta determinatezza per verificare come sia possibile, garantendo contratti e qualità, con le tariffe attuali, gestire servizi socio-assistenziali in Calabria.
Ed ancora perché, chi oggi lamenta l’inadeguatezza anche delle nuove rette previste dal regolamento, che comunque aumentano notevolmente le attuali, poco più di un anno fa abbia impugnato al TAR, facendola annullare, la DGR 449 che invece prevedeva tariffe eque e correttamente calcolate.

La verità è che al di là dei dispositivi normativi, in Calabria è necessario un cambiamento di paradigma culturale. Un “sistema”, e soprattutto un sistema di welfare, non lo si costruisce a colpi di legge. Lo si costruisce sui territori, nelle comunità ed a partire dalle comunità. Oggi abbiamo il drammatico bisogno di abbandonare l’appassionata e pluriennale coltivazione dell’orticello personale, per entrare definitivamente nella logica del “noi”. Sino a quando ciò non avverrà, sino al momento in cui continueremo la guerra tra poveri, la speranza non troverà albergo in una terra sempre più arida e sempre meno accogliente. E di conseguenza qualunque regolamento non andrà bene. E allora se proprio vogliamo lanciarci in appelli accorati, appelliamoci prima di tutto alle nostre coscienze di calabresi e di operatori sociali, sia nei servizi pubblici che in quelli del Terzo Settore. Proviamo da subito a riavviare gli Uffici di Piano sui territori, rendendoli però realtà vive, pulsanti, dove portare le nostre esperienze senza farle diventare autoreferenziali.
 
Riappropriamoci con fierezza del ruolo di governance delle politiche sociali negli ambiti, a partire dal basso, che in questi anni di mancata applicazione delle 328 ci è stato negato. Ricominciamo a lavorare gomito a gomito, partendo da una seria analisi dei bisogni del territorio, un’analisi che non sia l’inutile somma dei nostri punti di vista, ma il risultato effettivo di una lettura partecipata all’interno delle comunità. Questa sarebbe la vera riforma. Questa sarebbe la più alta forma di politica, quella dei servizi, del bene comune.
 
Quando null’altro, oggi il regolamento approvato ci consente di farlo. E non è poco.

*Presidente Federazione Italiana Comunità Terapeutiche, Vice-presidente CSVnet, componente per il Forum del Terzo Settore della Consulta Regionale del Terzo Settore

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