A Reggio gli Stati Generali dell’Informazione e della Comunicazione
Un momento di confronto con la preziosa testimonianza del Vescovo di Mileto monsignor Attilio Nostro
Con Alba Spinelli è stata un'amicizia vera e profonda, di quelle che non richiedono continue frequentazioni, telefonate, messaggi perché fondate su un comune, forte, sentire e sulla certezza della reciproca comprensione che utilizza le medesime parole, proviene da condivisioni convinte, si alimenta da una stessa speranza. Ci siamo conosciute da adulte, io più che trentenne lei una decina di anni in più.
All'interno del consultorio cattolico di via Tagliavia era stato creato il C.T.M. - Centro Tutela Minori - che raccoglieva segnalazioni di abusi, violenze fisiche e psicologiche su minori e programmava interventi di prevenzione e sensibilizzazione che venivano proposte alle scuole e realizzate laddove vi era una risposta positiva. Eravamo volontarie provenienti da esperienze lavorative differenti, tutte con una formazione cristiana sia pure vissuta in ambienti diversi: Giovannella, Alba, Romana, Dominella, Maria Grazia, Damiana, Giovanna, io ed altre ancora.
Alba era l'assistente sociale del gruppo. Ci riunivamo settimanalmente intorno ad una scrivania vecchiotta ed analizzavamo le segnalazioni spesso timide che arrivavano, a volte per vie traverse. Nel salone accanto c'erano i giochi dell'asilo delle suore e io lasciavo le mie figlie bambine a giocare, alzandomi di tanto in tanto per controllare. Romana aveva mille cose da fare ma non mancava mai di affacciarsi, impetuosa ma sempre partecipe; e Alba scuoteva, sorridendo, la testa. Era un laboratorio pionieristico; all'epoca per fare segnalazioni di abuso esisteva solo Telefono Azzurro.
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Il dottore Raffa e Romana avevano avuto una straordinaria intuizione realizzata coinvolgendo le amiche sensibili, quelle attente e in qualche modo competenti in un campo che era una novità assoluta per la nostra città. In quel laboratorio di idee, tentativi, prove, errori ed altro ho conosciuto Alba e ho imparato da lei tante cose: che una professione – anche di cura, di sostegno, di intervento sociale ed educativo - può essere svolta in tanti modi e quello corretto è quando l'intelligenza della mente e quella del cuore lavorano insieme; che la fede è un dono che deve illuminarti per illuminare; che non c'è mai un tempo per stare realmente in panchina e l'impegno è per sempre.
Poi quell'esperienza si è conclusa ma non la vicinanza con Alba, che ritrovavo nelle nostre estati a Gambarie a raccontarci della fatica del vivere, delle cose belle e di quelle tristi che ci attraversavano. Ed anche in quelle chiacchierate imparavo tanto perché lei sapeva regalare preziosi consigli nascosti dietro parole leggere, ti faceva sentire la sua profonda condivisione dei tuoi inciampi. So benissimo che è stata ricordata, giustamente, come sorella affettuosissima di un sacerdote e madre saggia di un altro sacerdote. Ma forse Alba è stata, prima che sorella, madre, moglie (una moglie più che esemplare per amore e dedizione), nonna, lei è stata una persona e una cristiana nel senso pieno della parola, il sale che dà sapore, il lievito che fa crescere, il seme che muore. Ma, come val la pena di ricordare, il seme non muore mai.
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