Avvenire di Calabria

Nel cimitero dei migranti e dei poveri commemorate le anime dei 45 naufraghi accolti al porto reggino nel maggio del 2016

Armo, Reggio ricorda i migranti morti in mare, Morrone: «questo luogo, un quasi sacramento»

Preghiera e rinnovato impegno hanno accompagnato la Giornata voluta dall'arcidiocesi e dal comune di Reggio Calabria

di Redazione Web

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A Reggio Calabria, nel cimitero di Armo, sono stati commemorati i naufraghi che hanno perso la vita in mare, durante i viaggi della speranza. In particolare le 45 anime i cui corpi, dal 2016, risposano nel piccolo cimitero reggino, divenuto luogo-simbolo dell'accoglienza.

Armo, il vescovo Morrone: «Un quasi sacramento di umanità»

L'immagine del dolore, ma anche «il volto bello della nostra Calabria, tra le tante rughe che lo attraversano». Le parole dell'arcivescovo metropolita di Reggio Calabria - Bova e presidente della Cec, monsignor Fortunato Morrone, racchiudono il valore non solo simbolico, ma anche spirituale, legato al cimitero dei migranti e di poveri di Armo, dove ieri si è celebrata la Giornata della memoria per le vittime del mare.


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«Ricordare per generare responsabilità» è il tema che ha accompagnato la riflessione a più voci e la preghiera interreligiosa.

Un momento vissuto in un luogo divenuto simbolo di accoglienza e di impegno volto a ridare umanità a chi purtroppo ha visto infranti i propri sogni e le proprie speranza di una vita migliore. L'occasione per commemorare, fra le altre, le anime delle 45 salme accolte sette anni fa al porto di Reggio Calabria e che proprio in questo luogo, grazie all'impegno della Caritas diocesana e alla disponibilità del comune, hanno trovato degna sepoltura.

Questo luogo, ha detto l'arcivescovo, «ci fa ricordare il dramma di queste persone, ma ci dà anche speranza per guardare avanti senza rassegnazione. È un segno che rimanda al cuore grande del Signore dove c'è posto per tutti, indistintamente».

«Un segno - ancora il vescovo Fortunato - che è quasi un sacramento, un rimando continuo alla nostra esistenza. Qui il livello dell'umanità si è alzato perché qui ha ricevuto degna sepoltura senza alcuna distinzione gente che, tra virgolette, non appartiene alla nostra cerchia». E allora, «questo è un segno, una provocazione un appello costante alla nostra umanità: non c'è nessuno straniero in questo mondo perché la terra è un regalo che Dio ha fatto a ciascuno di noi. Gli apparteniamo tutti. Siamo tutti fratelli».

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