
Venezuela: vescovi, “pace e dialogo sociale, nella giustizia e nella libertà”
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“La processione del Corpus Domini è la madre di tutte le processioni perché non portiamo un legno vestito, o un legno finemente scolpito, o un quadro artisticamente pitturato, qui portiamo realmente Gesù Cristo”. E’ questo uno dei passaggi dell’omelia del vescovo di Lamezia Terme, mons. Serafino Parisi, durante la celebrazione della Santa Messa del Corpus Domini, da lui presieduta con la partecipazione del Clero diocesano e tradotta nel linguaggio dei segni, seguita subito dopo dalla processione. “Lì – ha aggiunto il vescovo – non portiamo un simulacro, lì noi ci incontriamo con lo sguardo ed è dentro la contemplazione di questo mistero che attraversiamo le nostre strade dove, prima dell’Ostensorio con l’Ostia Consacrata, ci sono gli ammalati perché su quelle carrozzine, lì, c’è un’altra Eucarestia, c’è un altro corpo di Cristo che viene spinto dai Cirenei, accompagnatori, cioè, delle sofferenze e dei dolori di quelle persone. È questa la processione che mi interessa e queste sono le processioni che ci devono interessare e noi dobbiamo essere anche esemplari nell’accompagnare il Santissimo Sacramento, pregando in modo ordinato, senza chiacchierare tra di noi, che può capitare. Dobbiamo essere esemplari, non per noi, ma per il Santissimo che è lì che percorre le nostre strade. Lo fa nella forma dell’Ostia Eucaristica e lo fa, certamente in modo diverso, nella forma delle altre croci che fanno corona a quell’ostensorio”. “Le carrozzine – ha proseguito mons. Parisi – sono altri ostensori e mentre vengono spinte, dicendo che chi è fragile ha bisogno di noi, vorrei sfidare gli statuari o tutti noi ad essere statuari, a fare a gara a portare gli ultimi. Lì si vede. Dovremmo fare a gara a portare gli ultimi perché siano posti in alto, perché siano loro sulle nostre spalle i primi, e noi sotto senza mostrarci, senza farci vedere: noi sotto e loro in alto. Ecco le processioni che mi piacciono ed è anche il popolo che mi piace così”. “Il corpo – ha sottolineato – ha un’ossatura, ha una struttura, non è una accozzaglia di persone. Il corpo ha una sua articolazione interna, riconoscibile, proponibile, ri-proponibile, che è quella che dovremmo fare noi lavorando nelle nostre parrocchie perché davvero dall’Eucarestia, che è il corpo di Cristo, possa partire un popolo che si riconosce corpo unico della Chiesa: una sola fede, un solo battesimo, un solo Cristo e Signore, una sola Eucarestia che ci fa vivere la gioia della comunione, la gioia di stare insieme. E quando si sta insieme – proprio per la comunione che dobbiamo vivere – non possiamo far finta di non vedere quelli che hanno bisogno di noi. Noi che abbiamo bisogno degli altri, certamente, ma anche gli altri che hanno bisogno di noi. E dovremmo gareggiare nel sostenerci a vicenda perché sostenendoci a vicenda, come corpo, come popolo, realizzeremo l’obiettivo di questo pane che è pane del cammino che ci accompagna, che è pane di vita che ci orienta, che è pane di comunione che ci fa vivere nell’amore”.
Fonte: AgensirVenezuela: vescovi, “pace e dialogo sociale, nella giustizia e nella libertà”
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