Avvenire di Calabria

Da Palizzi al Vinitaly, il sogno in bottiglia di Alberta Nesci

Premiata con la Gran Medaglia di Cangrande, la vignaia Alberta racconta la sua sfida

di Mariarita Sciarrone

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«Ho la libertà di scegliere, inventare, improvvisare, decidere chi voglio al mio fianco e, se serve, anche sbagliare»

Instancabile e visionaria, Alberta Nesci è oggi una delle più giovani vignaiole della Calabria. Con le sue Cantine Nesci, a Palizzi, produce rossi, bianchi e rosati a Indicazione Geografica Tipica puntando su vitigni autoctoni. Da poco entrata a far parte del Movimento Turismo del Vino, ha appena ricevuto a Vinitaly la prestigiosa “Gran Medaglia di Cangrande – Premio Angelo Betti”, assegnata a chi innalza la qualità del vino nella propria regione.



Cosa ha rappresentato per lei questo premio? È stato un momento di grande soddisfazione per il lavoro che svolgo ogni giorno, la conferma che l’impegno e la passione prima o poi vengono riconosciuti. Amo moltissimo quello che faccio: grazie a mio padre, che ha creato ciò che oggi porto avanti, ho la libertà di scegliere, inventare, improvvisare, decidere chi voglio al mio fianco e, se serve, anche sbagliare. Certo, è un lavoro faticoso e richiede molti sacrifici, ma ho avuto la fortuna di ricevere questo grandissimo premio in un momento di crescita per il nostro territorio, dove la qualità si sta facendo riconoscere, dove la bellezza dei posti è sempre più resa nota e quindi l’obiettivo è quello di far coadiuvare le due cose. Mi auguro il meglio per questa meravigliosa Calabria e per tutti le persone che come me, sono rimaste qui perché vogliono valorizzare le potenzialità della nostra terra.

L'eredità di un sogno per Alberta Nesci

Ha raccolto un’eredità familiare importante, spinta non solo dalla necessità ma soprattutto dalla passione. Che bilancio traccia di questi anni da produttrice? Amo parlare del bagaglio culturale che ho la fortuna di portare avanti. Tutto nasce con un percorso di famiglia che ha visto mio padre in prima linea: lui in campagna, io in cantina. È stato un grande insegnante, mi consigliava ma l’ultima parola la lasciava a me, mi insegnava mentre facevo una cosa, così se sbagliavo potevo capire prontamente l’errore ma soprattutto mi accompagnava, così al momento del bisogno non ero sola. L’inizio senza di lui sembrava impossibile, ma poco alla volta grazie a lui e alla mia famiglia sono riuscita a capire che la mia strada doveva proseguire, con il mio sogno e il mio lavoro. La difficoltà maggiore è stata la paura di sentirmi sola, in un territorio non facile per una giovane donna agli esordi; ma ho dei grandi collaboratori che mi hanno fin da subito supportata e ho messo a frutto i vari insegnamenti e ora la soddisfazione è essere qui nonostante tutto a far conoscere la qualità dei nostri prodotti, a portare avanti l’azienda con gratificazioni. Il bilancio effettivo è difficile presentarlo ora, però ho imparato una grande cosa: che purtroppo solo con le esperienze negative della vita si capisce cosa si vuole fare e da dove si vuole partire.

In più occasioni ha dichiarato che vuol portare il territorio calabrese in giro per il mondo. Quanto e perché ritiene strategico il marketing territoriale per valorizzare il vino di Calabria? La Calabria è una Regione stupenda. In ogni provincia si assaporano un clima, un dialetto, una cucina, una cultura e un panorama totalmente diverso. Il marketing territoriale con quello esperienziale potrebbe essere la nostra punta di diamante. Non ci manca nulla se non la voglia di metterci in gioco. Lo vedo quando arrivano persone in cantina, davvero con il minimo sforzo posso offrire un servizio unico, una passeggiata in campagna tra vigna e bergamotto, una vista dei nostri bellissimi borghi dell’area Grecanica, una foto nei calanchi, visita in cantina e degustazione dei vini e vedo i loro volti; gli occhi stupiti dal fascino dei posti ma soprattutto la loro voglia di tornare. Dobbiamo capire le potenzialità che ci circondano per essere un unico gruppo, anche tra pochi colleghi, che sono capaci di offrire qualcosa che realmente non si può trovare da nessuna parte. Ad esempio prima di andare in cantina, molte volte porto i clienti a conoscere il bergamotto ed è li che capisco, che nulla è scontato quando si deve far conoscere.


PER APPROFONDIRE: Lungro, cuore pulsante della cultura arbëreshe


Negli ultimi anni la narrazione sul vino calabrese è cambiata. Come immagina di farla evolvere nei prossimi anni? Grazie al dialogo e alla sinergia che si è creata tra Regione e produttori, oggi si racconta una Calabria che merita di emergere. Non abbiamo nulla in meno rispetto ad altri territori e forse ce ne stiamo rendendo conto solo adesso. Ora l’obiettivo è quello di unirci tra produttori, creare sempre più reti e utilizzare i Consorzi come strumento di unione per la promozione. Mi rendo conto che per natura siamo individualisti, ma in questo mondo non è più possibile. Per sviluppare un percorso nel lungo periodo e di qualità, la rete e l’idea di gruppo deve essere sempre più presente nei nostri progetti aziendali. Portare fuori dal nostro territorio quest’idea e questa consapevolezza sociale ci può solo rendere più forte sia a casa sia fuori.

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