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La Pro Loco Arbëria guida il recupero e la trasmissione della lingua, dei costumi e della musica arbëreshe attraverso diverse iniziative
Fondato dai profughi albanesi intorno al 1400, Lungro è oggi considerato tra i maggiori centri della minoranza arbëreshe in Italia, luogo di memoria e tradizione, grazie anche ad una Pro Loco impegnata attivamente per preservare la cultura arbëreshe. Ne abbiamo parlato con Rosa Carbone, consulente in progettazione turistica e culturale, da dieci anni alla guida della Pro Loco Arbëria di Lungro. In questa intervista, ci accompagna alla scoperta di un’esperienza virtuosa, tra laboratori in lingua, rievocazioni storiche, progetti ambientali e collaborazioni internazionali. Perché, come ci racconta, la tradizione non è un’eredità da conservare in silenzio, ma una voce da rinnovare ogni giorno.
Lungro è custode di una lingua e di un’identità arbëreshe che da secoli resistono all’omologazione. Quali azioni concrete mette in campo la Pro Loco per trasmettere lingua, canti e costumi alle nuove generazioni? La Pro Loco Arbëria di Lungro è profondamente impegnata nella salvaguardia e nella valorizzazione dell’identità arbëreshe, mettendo in atto numerose iniziative e progetti educativi per i giovani come corsi di lingua arbëreshe e laboratori artistico-culturali che affiancano all’insegnamento linguistico attività pratiche legate a musica, danza, cucina tradizionale e artigianato. Siamo impegnati anche nell’organizzazione di eventi e manifestazioni pubbliche, tra cui la rievocazione storica Skanderbeku Prindi i Arbërisë, una rappresentazione scenica che racconta la storia dell’eroe nazionale albanese Giorgio Castriota Skanderbeg, progetto di comunità senza attori professionisti. Sosteniamo inoltre politiche di tutela linguistica, facendo pressione sugli enti pubblici per il riconoscimento dell’arbëreshe ai sensi della legge 482/99.
Siete appena rientrati da Pristina per celebrare i 620 anni dalla nascita di Skanderbeg. Com’è andata e quanto ritiene importanti questo tipo di scambi nel costruire relazioni con la diaspora e nel rafforzare l’identità locale? È stata un’esperienza intensa e profondamente significativa. Partecipare alle celebrazioni per i 620 anni dalla nascita di Skanderbeg a Pristina ha rappresentato non solo un momento di omaggio a una figura fondante della nostra identità storica, ma anche un’occasione concreta per rafforzare i legami con la diaspora albanese. La visita ha permesso alla Pro Loco Arbëria di avviare collaborazioni con istituzioni culturali e accademiche del Kosovo, ponendo le basi per progetti comuni su lingua, cultura, memoria e scambio giovanile. Paradossalmente, aprirsi all’esterno aiuta a riscoprire e valorizzare ciò che si è. Tornare a Lungro con nuove idee, contatti e stimoli ci spinge a rinnovare il nostro impegno nella trasmissione della cultura arbëreshe.
In occasione della Giornata internazionale della diversità culturale, quali nuovi progetti state elaborando per coniugare tutela ambientale, valorizzazione delle arti sacre bizantine e promozione di Lungro come modello virtuoso di minoranza linguistica? Come Pro Loco Arbëria di Lungro, abbiamo da sempre fatto della diversità culturale non solo un elemento identitario, ma anche una leva concreta per il dialogo, la crescita e la partecipazione attiva, in piena sintonia con gli obiettivi della Giornata promossa dall’Unesco. Attraverso eventi, festival e scambi, promuoviamo la conoscenza e il rispetto della cultura arbëreshe, contribuendo a costruire un dialogo tra culture, generazioni e territori. Mi vengono poi in mente progetti educativi e attività creative per i giovani. Nell’ambito del progetto LIC – Lavori In Corso, abbiamo coinvolto i giovani in percorsi artistico-culturali, tra cui un laboratorio di iconografia guidato dal Maestro Elia Luigi Manes. Questo ha permesso ai partecipanti non solo di apprendere un’arte tradizionale, ma anche di riflettere sull’identità come elemento dinamico e condivisibile. Stiamo lavorando a iniziative che coniughino ambiente, cultura e sviluppo economico locale, promuovendo il turismo esperienziale e culturale, rendendo la diversità linguistica e religiosa un elemento attrattivo e sostenibile per il territorio. La nostra azione è guidata dalla convinzione che preservare la propria identità sia anche un modo per aprirsi al mondo, in un’ottica di scambio, rispetto e crescita condivisa.
Come bilanciare il rispetto della tradizione con l’innovazione nei vostri progetti culturali? Ci sono esempi in cui la memoria storica è stata trasformata in nuovi linguaggi o forme espressive? Il nostro approccio parte da un presupposto chiaro: la tradizione non è qualcosa di immobile, ma un organismo vivo che può e deve essere reinterpretato, a patto di conoscerlo in profondità e con rispetto. Da questo dialogo tra radici e linguaggi contemporanei nascono i nostri progetti più significativi. Utilizziamo l’arte per riscoprire e trasmettere il patrimonio culturale: dai laboratori di scrittura di icone sacre secondo la tradizione bizantina, al teatro in lingua arbëreshe, fino alla manualità artigianale e alla stampa artistica. Con laboratori di scrittura e musica, i ragazzi sperimentano l’arbërisht in chiave moderna, anche attraverso i social media e la narrazione digitale. Vogliamo valorizzare il territorio attraverso uno sguardo creativo e sostenibile. Emblematica è stata la collaborazione con artisti della sand art, che hanno messo in scena la storia di Skanderbeg in modo visivamente potente ed emozionale.
Quanto contano le collaborazioni con altre comunità arbëreshe o realtà culturali italiane ed estere per rafforzare il vostro lavoro? Le collaborazioni con altre realtà arbëreshe in Italia e con quelle albanesi hanno un ruolo fondamentale nel rafforzare il lavoro della Pro Loco Arbëria. Un esempio emblematico è la manifestazione Skanderbeku Prindi i Arbërisë, che ha visto Lungro diventare una meta di ritorno per numerosi emigrati e visitatori dalla Calabria e da altre regioni italiane. Questa rievocazione storica ha inoltre generato una rete di relazioni internazionali, con inviti in Albania e Kosovo, dove la Pro Loco ha partecipato a eventi celebrativi legati alla figura di Skanderbeg e alla cultura arbëreshe, collaborando con associazioni e istituzioni culturali locali. Tali scambi hanno arricchito il nostro lavoro, contribuendo a costruire una solida rete di contatti con le comunità albanesi e arbëreshe all’estero, rafforzando così il ruolo di Lungro come punto di riferimento internazionale per la tutela e la valorizzazione della cultura arbëreshe.
Incastonate tra le valli del Pollino e le colline del Sud Italia, le comunità arbëreshe della Calabria conservano ancora oggi le tracce profonde di una diaspora antica. È la storia di un popolo che, tra il 1470 e il 1540, lasciò le coste dell’Albania per sfuggire all’avanzata ottomana. Un esodo epocale, seguito alla morte dell’eroe nazionale Giorgio Castriota Skanderbeg, che trovò rifugio nel Regno di Napoli grazie all’accoglienza di Alfonso d’Aragona. Oggi, nonostante i secoli trascorsi e i fenomeni migratori più recenti, sono 52 le comunità italiane, tra comuni e frazioni, in cui la lingua e le tradizioni arbëreshë sopravvivono con vitalità. La Calabria, con 35 centri, è la regione che ne custodisce il numero più alto, seguita da Basilicata, Molise, Puglia, Sicilia, Campania e Abruzzo.
Dal 1999, lo Stato italiano riconosce e tutela ufficialmente la lingua arbëreshë, permettendone l’insegnamento scolastico e l’uso della segnaletica bilingue nei comuni di riferimento. Ma è soprattutto nelle feste, nei riti religiosi, nei costumi tradizionali e nei gesti quotidiani che questa cultura rivela il suo straordinario orgoglio identitario. Lontano dalla madrepatria, questo popolo ha trasformato la memoria in una forma di resistenza. Le comunità albanesi calabresi di Acquaformosa, Civita, San Basile, Lungro, Plataci, Frascineto, San Costantino Albanese e San Paolo Albanese hanno fatto dell’identità arbëreshë una pratica viva. L’arbërisht si parla in casa, si canta nelle Vallje, danze corali in cerchio che evocano legami antichi, e risuona durante le celebrazioni religiose del rito greco-bizantino, che si distingue per la solennità e la profonda spiritualità. Il cuore liturgico di questa cultura si esprime proprio nel rito greco-bizantino, officiato nelle parrocchie che fanno capo all’Eparchia di Lungro, istituita nel 1919.
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La liturgia, secondo la tradizione di San Giovanni Crisostomo, avviene in comunione con Roma, ma conserva le peculiarità orientali tipiche dell’ortodossia: il canto, l’uso delle icone, il fonte battesimale per immersione e la presenza dell’iconostasi. Tra tutte, la Pasqua assume un significato particolarmente forte, simbolo di rinascita comunitaria e spirituale. Visitare oggi i paesi arbëreshë della Calabria significa immergersi in una cultura millenaria che ha saputo resistere all’oblio. È un viaggio nel tempo, tra i vicoli delle gjitonie, le piazzette condivise, le chiese bizantine e i sapori di una terra che ha fatto dell’accoglienza e della memoria il suo modo di stare al mondo.
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