Avvenire di Calabria

Nell'ottobre di due anni fa, don Malara è venuto a trovarci in redazione. Scambiammo quattro chiacchiere che potrete vedere in questa intervista-video rimasta finora inedita

Don Malara, il video inedito: «Il Signore ha camminato con noi»

Federico Minniti

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Monsignor Benvenuto Malara, per tutti don Malara, è tornato alla Casa del Padre. Alla notizia della sua dipartita un fiume di ricordi e gratitudine delle tantissime persone che lo hanno incontrato lungo il suo cammino sacerdotale, specie nell'esperienza - lunga mezzo secolo - come parroco nel cuore dell'Area Grecanica, a Melito Porto Salvo. Don Malara è nato a Santo Stefano d'Aspromonte il 25 ottombre 1936; ordinato sacerdote l'8 luglio del 1962, era Canonico del Capitolo Metropolitano.

 
Nell'ottobre di due anni fa, don Malara è venuto a trovarci in redazione. Scambiammo quattro chiacchiere che potrete vedere in questa intervista-video rimasta finora inedita: https://bit.ly/2NGtzpH

 
Di seguito l'intervista cartacea pubblicata sia sul nostro giornale che sul nostro sito:
 
Quando concludiamo l'intervista con don Benvenuto Malara ciò che ci rimane impresso è il caloroso abbraccio con cui ci salutiamo. Lui, arciprete di Melito Porto Salvo, cuore dell'Area Grecanica, per 52 anni, che aveva varcato la porta della redazione con una timidezza che ci aveva spiazzato. Pacato, ma deciso, non smette mai di parlare al plurale quando si rivolge alla sua comunità che lo riconosce come padre premuorso, testimone plurigenerazionale ed esempio sacerdotale. «Sto vivendo emozioni indescrivibili dopo una vita passata a Melito - confida don Malara - questo momento si vive come una tensione enorme; riaffiorano tanti episodi, positivi e negativi, di questa vita. Mi sono accorto: è stato il Signore a guidarci e a farci crescere insieme nella fraternità e nella comunione, in sintesi nell’essere Chiesa. Sento che il Signore ha camminato con noi in questa traversata ed è stato lui l’artecifice principale della nostra crescita».
 
Ha visto nascere e crescere tante famiglie, le ha accompagnate nella gioia e nel dolore. Quale raccomandazione si sente di fare al suo successore rispetto alla cura pastorale della comunità melitese?
Ci sono tanti aspetti positivi da valorizzare: l’ultima gemma che è sbocciata è stato il gruppo Giovani che opera a livello oratoriale che recentemente ha incontrato papa Francesco e a breve saranno ospiti della Comunità di Sant’Egidio, a Bologna, per un’iniziativa nazionale. Questo sta a dimostrare la grande vivacità, il dinamismo di questo gruppo. Vanno incoraggiati, ma va rispettata anche la loro libertà: bisogna riconoscere i valori che ognuno di noi porta in sé.
 
Monsignor Morosini l’ha indicata come modello sacerdotale. Una grande responsabilità.
In questi 52 anni sono stato quasi sempre vicario zonale: ebbene, sino agli anni ‘90, non si parlava di comunione tra noi presbiteri, ma la si respirava.
Oggi, invece, si parla molto di comunione però a livello di vita reale, la si vive poco. Dico ai giovani preti: possiate sperimentare la fraternità autentica.
 
Perché si sta vivendo questa crisi generalizzata di vocazioni?
Siamo molto individualisti; risentiamo dellla mentalità corrente. Questo accade anche a livello civile e sociale: si tratta di una logica antitetica a quella di Gesù.
 
A proposito della società attuale. Cinquant’anni da cittadino dell’Area grecanica. Cosa manca a quel territorio per passare dalle potenzialità allo sviluppo reale?
Questo è stato sempre il mio cruccio: ho detto ai melitesi che mancano di indentità. Alcuni anni fa mi ero offerto per riunire le diverse anime politiche e sindacali del territorio. Fu un fallimento e tutt’ora è una contro–testimonianza, soprattutto, per i giovani.
 
Le parlava dei ragazzi: un anno fa, il caso della tredicenne abusata da un branco di coetanei. Una ferita ancora aperta.
Ci fu una lettura grossolata delle mie parole da parte di una parte della stampa. Sono stato a casa della ragazza e della sua famiglia, mentre a quei giovani li ho invitati a convertisi. Ma mi chiedo e vi chiedo: quanti soldi si spendono per gli spettacoli di piazza e quanti invece vengono destinati per i centri di aggregazione nelle cittadine come Melito? Questi ragazzi dove possono andare serenamente? Anche la Chiesa può e deve fare di più: non dobbiamo abbandonarli mai a sé stessi.

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