Intervista al vicario episcopale per famiglia, lavoro e laici della diocesi di Reggio Calabria - Bova
Don Megale: «Pastorale del Welfare, una priorità»
Il suggerimento: «Il nostro compito è stare al fianco dei giovani e sostenerli
di Francesco Chindemi
- 5 Novembre 2021

È parroco in solidum di Santa Maria Maddalena a Campo Calabro. Sacerdote da 18 anni, don Francesco Megale ha vissuto il suo servizio dividendosi tra l’attività in parrocchia e diversi incarichi nella curia diocesana. Dopo essere stato per qualche anno vice parroco all’Itria, significativa è stata, senza dubbio, la sua esperienza da pastore di una parrocchia di periferia, quella di Sant’Aurelio Vescovo in Arghillà, quartiere in cui al degrado ambientale, si aggiunge anche quello sociale. Qui è stato dal 2007 al 2016, periodo durante il quale sono state portate avanti diverse iniziative volte a far uscire dalla marginalità il quartiere “ghetto” per eccellenza di Reggio Calabria, grazie al coinvolgimento dei giovani e promuovendo la nascita di realtà associative. Anni in cui, don Megale è stato anche cappellano della casa circondariale di Arghillà, ma anche vice direttore della Caritas e direttore della pastorale della salute, prima che monsignor Morosini lo nominasse direttore dell’Ufficio amministrativo della diocesi.
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Un’esperienza importante quella maturata dal sacerdote che l’attuale arcivescovo metropolita Morrone ha nominato vicario episcopale per la famiglia, il lavoro e il laicato. «Nomina che non mi aspettavo - dice Francesco Megale - ma accolta con gioia, per la fiducia che il presule ha avuto nei confronti della mia persona». Ecco perché, spiega, «porterò avanti questo nuovo servizio con la semplicità e la gioia che ha sempre contraddistinto il mio sacerdozio, secondo lo stile che Gesù pretende dai suoi discepoli: chi vuole essere il primo sia il servo e l’ultimo di tutti».
Quali sono le linee programmatiche del suo ministero?
Con la nomina dei vicari episcopali, monsignor Morrone ha voluto dare un’impostazione nuova alla vita della diocesi. Non ho un programma ben definito, ma cercheremo di camminare insieme al vescovo secondo le indicazioni del Sinodo aperto in ambito diocesano. L’impegno è ad una maggiore collaborazione tra i diversi uffici e realtà che mi sono stati affidati.
A proposito di cammino sinodale, quale sarà il ruolo dei laici e che consigli darebbe loro per vivere bene la sinodalità?
Il Sinodo è una bella opportunità ecclesiale non solo per la Chiesa universale, ma anche per la nostra Chiesa locale. Non ho particolari consigli da dare ai laici, anche perché in virtù del significato stesso del Sinodo non farei molta distinzione tra laici e ministri ordinati. Insieme dovremmo impegnarci a portare avanti il lavoro che il Papa ci ha affidato: erigere i tre pilastri della comunione, della missione e della partecipazione. In questo primo anno che mette al centro il tema dell’ascolto, cercheremo di ascoltarci per acquisire una nuova mentalità di Chiesa.
Il ruolo della famiglia è sempre più in crisi, sia in chiave educativa che in ottica ecclesiale. Da dove ripartire?
Prima di parlare della famiglia in crisi bisogna parlare della famiglia come risorsa. Dobbiamo stare accanto alle famiglie, mettendoci, così come ci suggerisce il Sinodo, all’ascolto di esse. Intercettarne i bisogni, ma anche condividere i momenti di gioia. Questo aiuta molto a recuperare quella dimensione dell’amore che fa della famiglia luogo di formazione ed educazione non solo alla vita sociale, ma anche di fede.
La mancanza di lavoro causa la partenza di molti giovani calabresi. Cosa può fare la Chiesa?
Uno dei motivi della crisi della famiglia ad esempio è proprio il lavoro. Penso per esempio a quante volte mi è capitato di imbattermi in giovani coppie che hanno dovuto spostare la data del matrimonio proprio per mancanza di lavoro o perché lo hanno perso. Io penso che la Chiesa non può fare a meno di affrontare questa problematica, al centro tra l’altro, della Settimana sociale dei Cattolici italiani.
PER APPROFONDIRE: Settimana sociale, il racconto dei delegati reggini
I vescovi hanno suggerito alle diverse realtà diocesane e parrocchiali di stare accanto ai giovani e aiutarli proprio nell’inserimento lavorativo, proprio per evitare che il lavoro possa diventare motivo di crisi per la famiglia. Un invito che qui al Sud suona ancora più forte.