Avvenire di Calabria

Il magistrato Carlo Alberto Indellicati ha scritto un ritratto intimo del prete scomparso di cui era amico

Don Pino Sorbara, il ricordo del magistrato Carlo Alberto Indellicati

L'impegno presso il Centro d'Ascolto parrocchiale e l'amicizia nata immediatamente col sacerdote reggino

di Carlo Alberto Indellicati *

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Ho conosciuto don Giuseppe Sorbara grazie a Massimo Baccillieri, suo fraterno e comune amico. Massimo mi aveva parlato in modo appassionato di don Pino e del suo senso di Carità. Mi è sembrata, inizialmente, un’esagerazione: quando si parla di preti, a volte, si tende ad esasperarne le doti, l’umanità, l’accoglienza. Ma Massimo insisteva.

Io, tornato a Reggio, dopo quattro anni di lavoro al Nord, ho sentito un forte desiderio di reinserirmi nel circuito del volontariato cittadino e, così, la curiosità ha preso il sopravvento e ho fatto il mio primo (timido) ingresso in quel Centro di ascolto pensato, voluto, creato e gestito da don Pino Sorbara. Due cose in particolare mi colpirono quel giorno, ancora indelebili nel mio cuore: innanzitutto mi sembrò di entrare (non esagero) in un mondo dove tutte le persone erano uguali, un mondo in cui don Pino, il dominus del Centro di ascolto, sembrava l’ultimo dei volontari, sempre sorridente ed accogliente, pronto a parlare ed a scherzare con gli “ospiti” che domandavano viveri o anche solo di essere ascoltati. Mi restò impresso, poi, l’abbraccio che don Pino mi diede quando mi avvicinai a lui, chiedendogli se fosse possibile collaborare; in fondo non mi conosceva, non lo conoscevo ma quell’abbraccio valse molto più di tante inutili presentazioni. Così, ho conosciuto l’uomo, prima, e poi il sacerdote. Era il 1998 e cominciai a collaborare in quel Centro; lì ho conosciuto persone bellissime che sarebbero divenute parte integrante della mia vita: Pasquale, Nelly, Emilia, Antonio, Giuseppe, Tonino e tanti tanti altri.

Soltanto dopo qualche settimana ho iniziato a frequentare la comunità parrocchiale e fu allora che scoprii il carisma e la grazia interiore di Pino Sorbara, incredibile catalizzatore di anime, persone provenienti da tutte le parti della città per partecipare alle sue celebrazioni eucaristiche e, successivamente, per far parte dell’Azione cattolica di Spirito Santo.

Mese dopo mese, ho avuto il privilegio di scoprire il «prete del sorriso e dell’umanità», come amavo definirlo, sempre pronto ad accogliere senza riserve il bisognoso di turno (non solo economicamente), l’umile, il diverso, l’emarginato.

Per me, figlio di genitori che hanno speso la loro vita lavorativa in un orfanotrofio e che hanno dato tutto per i ragazzi che vivevano 24 ore al giorno in quell’istituto, fu come proseguire un cammino di condivisione, iniziato con i miei e di cui don Pino ne divenne la guida.

In modo inconsapevole, abbiamo cominciato a condividere anche le gioie e le difficoltà personali, facendo cadere i filtri delle nostre rispettive funzioni e condividendo spesso il quotidiano: scoprii ancor di più la sua grande umanità, la propensione irrefrenabile a donarsi senza limiti e sempre con un sorriso, la sua dolce ironia (che parecchi, stupidamente, scambiavano per sarcasmo), la capacità di sdrammatizzare le sue stesse difficoltà ma al contempo di prendere sul serio il vissuto dell’altro, come fosse il proprio. Prese forma un’amicizia vera, un grande dono che custodirò sempre con assoluta cura. E così cominciarono i viaggi assieme; i numerosi pellegrinaggi a Lourdes con l’Unitalsi; i campi estivi e le vacanze che spesso programmavamo con tanti miei personali amici i quali, una volta conosciutolo, divenivano suoi amici, restando – nessuno escluso - affascinati dal suo essere diretto e autentico. Don Pino era una mente libera, un gradino al di sopra, un istrionico che entrava nel cuore di tutti; con grande semplicità, guidava, capiva, “educava” nel comprendere chi sbagliava, nel perdonare, ma anche nell’avere sempre fiducia in Dio.

Quella fiducia che non ha mai perso neanche quando, negli ultimi anni, la salute lo ha abbandonato; come spesso accade, quando le difficoltà si fanno concrete e difficili da gestire, si resta sempre più soli, con se stessi e con gli amici più stretti.

Ma Pino, anche in quei dolorosi frangenti, non ha mai smarrito il suo tratto pacato ed il suo inconfondibile sorriso ed ha continuato ad insegnare ad accettare ed affrontare, con cristiana rassegnazione, le sofferenze. Ha cominciato a dire messa in casa, ha voluto partecipare a momenti di convivialità anche su una carrozzina, che lo umiliava molto più interiormente che fisicamente, ha mantenuto una incredibile vitalità nel donare (nonostante non navigasse nell’oro, anzi!) a chi, probabilmente, non soffriva quanto lui.

Improvvisamente il 6 giugno, domenica del Corpus Domini (una straordinaria coincidenza) questo ineffabile spirito libero, ha scelto di volare via.

Ma sarà sempre con me il suo sorriso, la sua energia, il suo innato senso della carità e quell’impareggiabile insegnamento di saper guardare ed accompagnare chi soffre con la medesima comprensione e delicatezza che abbiamo nei nostri stessi confronti. Arrivederci fratello.

* magistrato

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