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L'ultima inchiesta condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria sugli sversamenti nel torrente Valanidi a Reggio Calabria, accende nuovamente i riflettori su una piaga che attraversa l'intero territorio regionale: è quella degli ecoreati e i conseguenti rischi per l'ambiente e la salute pubblica.
Un fatto grave, quello emerso dall'inchiesta condotta dai carabinieri che ha consentito di accertare lo sversamento di ben 5 mila tonnellate di rifiuti speciali nell'alveo di una delle più grosse fiumare che attraversano la periferia sud di Reggio Calabria, appunto il Valanidi.
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L'inchiesta dei Carabinieri e della Procura antimafia di Reggio Calabria conferma, purtroppo, un dato già emerso dall'ultimo rapporto "Ecomafia" di Legambiente.
Quello del torrente Valanidi, infatti, non è un caso isolato: nel ciclo illegale dei rifiuti, in Calabria, come emerge dal Rapporto dell'associazione del cigno verde sulla base dei dati disponibili relativi al 2022, sono stati accertati dalle forze dell’ordine 344 reati e 1.018 illeciti amministrativi. Mentre nel ciclo del cemento, nello stesso periodo, i reati sono stati 871 e 1.083 gli illeciti amministrativi.
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In particolare, nel ciclo illegale dei rifiuti, la Calabria è quinta a livello nazionale. Sotto la lente, episodi di smaltimento illecito, abbandono, incendio, traffico e gestione illegale di rifiuti speciali, pericolosi e non, spesso provenienti da altre regioni o dall'estero. La provincia con il maggior numero di reati è Cosenza che ci colloco al quinto posto in Italia con 788 reati e 984 illeciti amministrativa, seguita proprio da Reggio Calabria (decimo posto nazionale) con 545 reati e 1640 illeciti.
Altro settore "caldo", come detto, è quello del ciclo del cemento, dove la Calabria è quinta a livello nazionale con 871 reati e 1.083 illeciti amministrativi. Si tratta di violazioni delle norme urbanistiche, edilizie, paesaggistiche e ambientali, che hanno portato alla realizzazione di opere abusive, alla distruzione di aree naturali e alla corruzione di pubblici ufficiali.
La Calabria è anche nona a livello nazionale per reati contro la fauna, con 372 episodi di bracconaggio, caccia di frodo, maltrattamento e uccisione di animali selvatici e domestici. Tra le specie più minacciate, il lupo, il cinghiale, il capriolo, il falco e la tartaruga marina.
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Il rapporto, che si basa sui dati forniti dalle forze dell'ordine e dalle autorità competenti, evidenzia come la regione sia ancora vittima di gravi fenomeni di illegalità che minacciano la salute e la sicurezza dei cittadini e compromettono lo sviluppo sostenibile del territorio. «Si tratta di dati che diventano ferite mortali per l’ambiente la cui tutela è entrata tra i principi fondamentali della Costituzione italiana», sottolineano Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria ed Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio nazionale Ambiente e legalità.
«La normativa sui cosiddetti ecoreati ha reso più efficace la lotta ai crimini ambientali (si pensi all’inquinamento ambientale o al disastro ambientale, introdotti nel codice penale solo nel 2015) ma è evidente - secondo Parretta e Fontana - che occorre aumentare le attività di prevenzione sul territorio per contrastare azioni criminali che rappresentano anche un pericolo concreto per la salute dei cittadini».
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Sul caso Valanidi, annunciano i due ambientalisti, «Legambiente si costituirà parte civile, grazie ai propri avvocati dei Centri di Azione giuridica, nel procedimento penale avviato dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria». Tuttavia concludono, «è urgente rafforzare in Calabria l’attività di controllo sulle filiere più esposte ai fenomeni criminali che caratterizzano l’ecomafia».
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