Avvenire di Calabria

Lidia Caracciolo, responsabile del servizio semiresidenziale Don Tonino Bello di Sambatello, offre una testimonianza sugli effetti post-quarantena sui ragazzi

Emergenza giovani: «La mancanza di «socializzazione positiva»

Tatiana Muraca

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram

L'emergenza Coronavirus ha generato tra le persone sensazioni che vanno dal malessere, al bisogno di solitudine, alla paura, alla rabbi, all’euforia incontrollata dopo un periodo di reclusione. Questi stessi atteggiamenti si notano anche e sopratutto tra i giovani, che ancora stanno cercando di formarsi una personalità ben definita, presi della frenesia e dalla leggerezza dei loro anni. Stati d’animo che negli stessi giovani, però, fanno emergere
problemi di cui si è consapevoli o meno, mettendo in luce quelle che potrebbero essere delle serie dipendenze. Da anni il Ce.Re.So., realtà importante per il territorio reggino, costituisce un punto di riferimento per questi ragazzi, che negli ultimi mesi, vuoi il Covid e la quarantena, vuoi le conseguenze della chiusura forzata, stanno mostrando seri cedimenti soprattutto psicologici. Ne abbiamo parlato con Lidia Caracciolo responsabile del servizio semiresidenziale Don Tonino Bello di Sambatello, una testimone diretta degli effetti post–quarantena sui ragazzi. Uno di questi, si rifà
alla nascita di nuovi rapporti familiarise alcuni si sono riavvicinati ai propri cari, altri ne hanno sofferto.
«L’adolescente, per natura, tende a vivere un distacco dalla famiglia – parole di Lidia Caracciolo – Durante i giorni in cui molti si sono sentiti reclusi, abbiamo notato che è cresciuto molto l’utilizzo spasmodico dei social, del gioco online e di tutto ciò che ha a che fare con le piattaforme». La fatica che già avvertono i giovani nel creare relazioni «occhi a occhi», dunque, si è riversata oggi nel dover vivere relazioni forzate, che impediscono di creare quelli che Lidia chiama «momenti di socializzazione positivi»Un’osservazione specifica dei ragazzi dai 13 ai 25 anni ha portato a testare il fatto
che con il Coronavirus, si è sviluppata una sorta di reazione opposta alla paura e all’apatia: «Una voglia a ricreare le relazioni perse andando contro le regoleuna sorta di pressing psicologico venuto fuori che poi è diventato trasgressione». La voglia di evadere si è poi fatta palese sempre tramite le piattaforme online, alla ricerca di affettività con dei risvolti tesi alla sessualità, al piacere.
«Abbiamo notato nei nostri giovani anche il fatto che, nel momento in cui vai ad aprirti all’ascolto, fanno fatica ad andare in profondità – evidenzia ancora Lidia – È come se avessero scelto di restare in superficie e di allontanare quelli che potrebbero essere progetti di vita, una
visione del futuro. Alcuni di loro hanno subito problematiche familiari, anche di tipo economico, scaturite dopo la quarantena». La situazione impone, come sottolinea anche Lidia Caracciolo, una presa di posizione da parte delle istituzioni, in modo da rendere efficienti i servizi degni di questo nome, sopratutto per quei casi «dove non si intravedono più delle opportunità».

Articoli Correlati