Reggio Calabria – Bova, tre nuove nomine dell’arcivescovo Fortunato Morrone
Le nomine entrano in vigore da oggi, i sacerdoti interessati sono Don Antonino Vinci, Don
L'arcivescovo metropolita di Reggio Calabria - Bova e presidente della Cec, monsignor Fortunato Morrone presiede oggi alle 19, nella Basilica Cattedrale di Reggio Calabria, la Santa Messa di ringraziamento e di saluto alla comunità delle Figlie di San Giuseppe di Rivalba che lasciano la città dello Stretto dove erano giunte nel 1952.
Oltre settant’anni di presenza discreta e forte testimonianza, vissuta all’insegna della cura del culto dell’Eucaristia. Una cura e un amore per Gesù che, seguendo il carisma del loro fondatore - il beato Clemente Marchisio che diceva: «Amate e fate amare l'Eucaristia» - le Figlie di San Giuseppe hanno condiviso e trasferito alla comunità diocesana che oggi, unita attorno al proprio pastore, renderà grazie al Signore per la presenza discreta e il prezioso dono ricevuto.
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L'Eucaristia è stata dunque il centro della loro missione nella diocesi reggina-bovese e nella zona di Reggio centro, in particolare nella Basilica Cattedrale dove hanno prestato il loro servizio con cura e amore, come presenza «discreta ma efficace e fedele che indica che Gesù Eucaristia è tutto», proprio come voleva il Fondatore.
Le Figlie di San Giuseppe di Rivalba sono un istituto religioso femminile di diritto pontificio. Il sacerdote fondatore Clemente Marchisio, nato a Racconigi il 1 marzo 1833, da famiglia cristiana, sin da piccolo ha sentito la chiamata del Signore di farsi sacerdote e nel 1856 ha ricevuto il sacramento dell’ordine. Da quel momento ha fatto della sua vita un dono per gli altri, impegnandosi nella cura delle anime e nella predicazione. Con ardente zelo, indomito coraggio e contagiante entusiasmo ha seguito il progetto della Divina Provvidenza che gli ha fatto conoscere le grandi piaghe della società.
Nel 1860 viene nominato parroco a Rivalba. Dopo parecchi anni di vita parrocchiale, non senza difficoltà, pensa di riunire alcune giovani per formarle e diventare un domani direttrici nelle fabbriche tessili promuovendo una vita con sani principi cristiani. In seguito però, durante le missioni, si accorge con dolore come le chiese, le sacrestie, i paramenti sacri non sono decorosi e degni del Signore e, soprattutto la materia del sacramento dell’Eucaristia, quella adoperata da Gesù Cristo stesso, cioè il pane di frumento ed il vino di vite, non sempre è genuina e perciò valida per la celebrazione.
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Si vede così cambiare le carte in mano. E radunato il primo gruppetto di suore le invita a dedicarsi al Signore presente nell’Eucaristia perché sia lodato, servito e soprattutto amato. Durante la sua vita ha chiarito alle suore il perché del loro nome, «vi chiamerete Figlie di San Giuseppe – diceva – perché ad imitazione di questo grande santo, dovete essere le custodi di Gesù Sacramentato conducendo una vita santa ad imitazione della sacra famiglia di Nazareth. Lì dovrete specchiarvi, cercando di praticare le virtù che si ritrovano in quella santa casa». Il sacerdote apre a Rivalba un laboratorio di tessitura per offrire un lavoro alle ragazze del luogo e il 12 novembre 1875 fonda, assieme a Rosalia Sismonda, la congregazione delle Figlie di San Giuseppe, per l’assistenza morale e materiale alle operaie.
Le Figlie di San Giuseppe si dedicano al confezionamento del vino e delle ostie per la messa, delle candele, dei lini e dei paramenti necessari al culto, consacrano la loro vita al culto del mistero eucaristico e non tralasciano, là dove sono presenti, nessuna occasione per manifestare la propria fede ed il proprio amore per Gesù Sacramentato. Dall’Eucaristia celebrata all’Eucaristia vissuta, trovano la motivazione ed il punto di convergenza per consolidare i vincoli di fraternità e di comunione e formare un solo cuore. Questo è il segreto per garantire la fecondità di ogni azione che la religiosa è chiamata a compiere.
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