Avvenire di Calabria

Uno dei luoghi più suggestivi della diocesi di Reggio Calabria - Bova rivive nel racconto dello scrittore reggino Giuseppe Notaro

Gallico, la storia del Parco della Mondialità diventa racconto

Il protagonista ispirato alla vita del fondatore del parco, il missionario saveriano padre Aurelio Cannizzaro

di Giuseppe Notaro

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Si concludono oggi i festeggiamenti in onore di Maria Santissima della Grazia a Gallico. Dopo la Santa Messa delle 18, l'effigie della Beata Vergine Maria viene portata in processione per le vie di Gallico Superiore. Un evento di fede e devozione molto sentito nel quartiere a nord di Reggio Calabria, legato indissolubilmente al Santuario e alla carismatica figura di colui che per diverse generazioni è stato il rettore e fondatore del Parco della Mondialità di Gallico, padre Aurelio Cannizzaro. Alla sua figura è ispirato il racconto dello scrittore Giuseppe Notaro dal titolo "Il vecchio missionario" che, per gentile concessione dell'autore, qui di seguito vi proponiamo.

Padre Francesco era un vecchio missionario. Abitava in un grande parco sui monti, in un luogo dove la serenità dello spirito si coniuga con la bellezza della natura. Fu lui ad avere ideato quell’oasi meravigliosa, ricavata in un vecchio monastero. Attiguo al parco si ergeva un santuario dedicato alla Madonna, dove ogni anno veniva celebrata una grande festa. Padre Francesco viveva assieme ad altri due missionari ed era il rettore di quella piccola comunità.


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Il parco comprendeva uno spazio dedicato ai più piccoli con tanti giochi, un campetto da calcio e un bel viale. Un laghetto con delle anatre abbelliva quel luogo incantevole. La gente era solita andarvi per ritemprare lo spirito, ma soprattutto per far divertire i propri bimbi. Non mancavano mai le comitive, la domenica, che con la loro presenza diffondevano nell’aria tanta gioia e allegria. Era proprio un luogo bellissimo.

Un giorno, padre Francesco udì bussare alla porta. Era un giovane che dall’aspetto sembrò essere di ottima famiglia.

- Salve, padre! - gli disse il giovane. - Sono qui di passaggio e vorrei parlare un po’ con voi. Sono rimasto attratto dalle bellezze di questo posto ed ho pensato di conoscere l’autore.

- Sono io! - rispose il vecchio missionario.

Subito, condusse il giovane all’interno del parco e sedettero entrambi in una panchina alberata.

L’aria fresca e il garrire delle rondini davano un senso di serenità al luogo. Un vociare di bimbi faceva da eco al paesaggio. Tutto ciò invitò alla conversazione.

- Qual è il tuo nome? - chiese il religioso.

- Mi chiamo Adalberto - rispose il giovane.

- Dunque, Adalberto: cosa vorresti sapere?

- Vorrei che mi diceste di ciò che è stata la vostra vita.

Immagino che abbiate molto da raccontare!

Il vecchio missionario atteggiò un sorriso e cominciò:

- Di me non ho molto da dire... Posso solo dirti che la mia vita è stata sempre dedicata al servizio del Signore e dei bisognosi... Sono stato missionario nelle terre più ribelli dell’Africa e dell’Asia, dove ho visto patire la fame e la sete. Quanta tristezza ho trovato nei volti di quella gente e di quei poveri bambini! Ma ho continuato a lottare, adoperandomi alla loro conversione secondo le intenzioni del Vangelo. E, a dire il vero, la mia parola non è stata vana!

- Come avete fatto a superare le difficoltà di quella gente e di quei luoghi? - chiese Adalberto.

- Non è stato per nulla facile! Ma con l’aiuto di Dio...

- Eppure, avreste potuto scegliere una vita diversa.

- Una vita diversa? Ma pensaci bene, qual è la vera vita? - ribatté il vecchio missionario, continuando: - Ricorda che dove imperano egoismo ed interesse, dove vi è consumismo esasperante, non vi può essere una vera vita. E neanche amore. Basta guardarsi intorno, per rendersi conto di come il mondo sia cambiato. In peggio, direi. Separazioni facili con tutte le conseguenze per i figli, che devono patire per l’egoismo dei loro genitori! Telefonini a vista d’occhio divenuti come dei giocattoli, il cui uso eccessivo finisce per soffocare la nostra vita! Per non parlare di tante altre cose che hanno fatto perdere all’uomo la sua identità, quella umanità che lo ha sempre distinto e lo avvicina a Dio. Tutto ciò contrasta con la miseria e la sofferenza di chi lotta per sfamarsi. Dunque, qual è la vera vita?

Il giovane Adalberto lo ascoltava, pensando a quanta contraddizione vi fosse tra lui, giovane agiato, e quel povero missionario. Pensava alle ingiustizie di questo mondo.

- Ma anche facendo una vita normale, da buon padre di famiglia - continuò il religioso, - si può essere vicini alla vera vita! In questo parco vengono tante persone, felici di condurre i propri bambini, e tanti giovani come te. Anche loro gioiscono dei doni del Signore.

Poi il vecchio missionario condusse Adalberto in giro per il parco.

- Questi giochi li ho fatti realizzare per i più piccoli - disse. - E questi altri per i più grandi. Tutti devono divertirsi. Vi sono spazi attrezzati per le colazioni “al sacco” e una sala per le riunioni e gli esercizi spirituali.

- Cos’è quel viale? - chiese il giovane.

- Quel viale rappresenta la speranza nella fede! - rispose il vecchio missionario. - Qui troverai l’immagine di Cristo. In ogni angolo di questo parco vi è rappresentato il mondo intero.

Adalberto osservava tutte quelle meraviglie che l’umile sacerdote aveva creato con la solidarietà della gente e con i suoi sacrifici. Si chiese quanta gioia doveva esserci nel cuore di costui.

- Vedi questo vestito che ho indosso? - continuò il vecchio religioso, facendo cenno al suo abito. - È dono della gente.

- Ma è rattoppato! - osservò il giovane.

- È pur sempre un dono! - esclamò.

Percorsero poi la navata del santuario. Padre Francesco si soffermò davanti al quadro della Madonna posto nell’altare maggiore, restando a pregare. Adalberto osservò l’immagine nella penombra. Infine si incamminarono verso l’uscita.

- Adesso dovrò salutarti, Adalberto - disse il vecchio missionario.

Allungò la mano verso il giovane per salutarlo e si allontanò.

Adalberto rimase solo nel silenzio di quel luogo santo. Ripensò alle parole del missionario. Prima di andar via, volle soffermarsi presso un piccolo altare, ove sul marmo, situato accanto, stava scritto: Padre Francesco. E, a seguire, un passo del Vangelo.


PER APPROFONDIRE: Padre Aurelio Cannizzaro, il parroco della mondialità


Il corpo del missionario con cui aveva parlato un momento prima, era racchiuso in quel marmo accanto al piccolo altare.

Adalberto rimase senza parole. Com’era possibile? si era chiesto. Il vecchio missionario continuava a vivere in quel mondo che aveva creato.

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