Avvenire di Calabria

A Lamezia l'appello del direttore dell'Ufficio per le comunicazioni Sociali della Cei Corrado

Giornalisti cattolici: «Non frammentare la propria identità»

Il giornalista: «Gli operatori dell'informazione non possono indossare maschere sui social»

di Redazione Web

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«Non si può essere giornalisti professionisti nella vita di tutti i giorni e diffusori di fake news sui social media. Non si può essere odiatori seriali quando si è sui social e padri di famiglia nel quotidiano». È uno dei passaggi della riflessione di Vincenzo Corrado, direttore dell’ufficio per le comunicazioni sociali della Conferenza Episcopale Italiana, intervenuto domenica a Lamezia Terme all’incontro dal titolo “Informazione e religione al tempo dei social”, promosso da Unione Stampa Cattolica Italiana Calabria “Natuzza Evolo”, Federazione Italiana Settimanali Cattolici, Ordine dei Giornalisti della Calabria e diocesi lametina.

Fuggire maschere ed estremi comunicativi sui social

Conoscenza, formazione, deontologia, consapevolezza della propria identità le chiavi per entrare nella realtà dei social media che, per Corrado, «rappresentano un tempo che suscita interrogativi, una realtà che siamo chiamati ad abitare, fuggendo sia quella paura che possiamo sintetizzare con l’hashtag “#omammamia”, un blocco che ci chiude, sia quello slancio che possiamo sintetizzare nell’hashtag “#wowcipiace”, che ci fa diventare acritici dispensatori di “like”, fino al punto da non trovare il senso di ciò che si scrive o si posta». La chiave di volta, per il direttore dell’ufficio comunicazioni sociali Cei, è «la tensione a una formazione permanente rispetto all’utilizzo dei social media, una comprensione attenta dei linguaggi che non sono quelle delle generazioni precedenti ma che siamo chiamati a conoscere e comprendere nelle loro particolarità».


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Il giornalista deve mantenere una coerenza identitaria sui social

Conoscere, dunque, l’ambiente dei media, muoversi in modo consapevole e con sguardo critico «non in una realtà separata, ma contestuale. Il compito della formazione riguarda, in particolare, noi giornalisti e operatori dell’informazione: io non posso creare comunicazione e informazione, se non formo dentro di me una cultura che mi porta a comprendere l’ambiente in cui vivo e a presentarlo in una dimensione di verità, non di verosimiglianza». Vincenzo Corrado si è soffermato in particolare sui concetti di identità e relazioni in rapporto all’universo social. «Non si può avere un atteggiamento professionalmente incoerente sui social media, non si possono segmentizzare le identità sganciandole tra di loro», ha affermato Corrado ribadendo la necessità di «recuperare una coerenza identitaria nei social media, avere un’unica personalità, che sia per chi crede sia per chi non crede è questione di reputazione, è testimonianza di vita».

Chiesa in uscita, anche negli spazi virtuali

Fondamentale anche l’aspetto delle relazioni perché – ha aggiunto ancora Corrado – «come abbiamo sperimentato nel periodo del Covid, i social sono un importante tessuto connettivo. Ma come costruiamo relazioni autentiche se, anziché di noi stessi e della nostra identità, portiamo una maschera?» Per Corrado, la Chiesa, alla luce delle sollecitazioni di Papa Francesco, è chiamata ad essere «Chiesa in uscita anche nel mondo dei social media perché anche il tempo dei social media sia un tempo di valore, un tempo di incontro».

Parisi: «Costruire relazioni autentiche»

Di «necessità di uno studio critico dei social e delle modalità collegate ai social» ha parlato il vescovo di Lamezia Terme Serafino Parisi, delegato Cec per le comunicazioni sociali, che ha richiamato le sfide presenti e future dell’universo social, in particolare sul tema del rapporto tra presenza e realtà, di fronte al rischio di «vivere la realtà solo attraverso la rappresentazione dei social, attraverso il filtro di uno schermo. Questo pone degli interrogativi: come mi pongo nella concretezza della storia? Con quale identità mi interfaccio con la con la realtà davanti ai miei occhi e della quale potrei non avere la percezione mancando quel filtro che utilizzo per entrarci dentro?». Una sfida complessa, quella della pastorale attraverso i social, perché «il tema centrale della pastorale sono le relazioni e dobbiamo essere consapevoli che attraverso i social media non viviamo rapporti interpersonali reali».


PER APPROFONDIRE: Ucsi Calabria, una boccata di spiritualità per i giornalisti cattolici


Chiovaro: «Uscire dalla contrapposizione "virtuale-reale" ed entrare nella complessità della relazione»

Per don Valerio Chiovaro, presidente Ucsi Calabria, «non c’è una pastorale propria dei social media, ma un’unica pastorale che è quella delle relazioni. Se noi continuiamo a contrapporre virtuale e reale, dobbiamo essere consapevoli che per i nostri ragazzi questa differenza non c’è: nella realtà dei nostri ragazzi il virtuale ormai è reale. Occorre ragionare, anche rispetto alle nuove sfide, guardando ai media non solo come strumenti ma inserirli nella dimensione di un’esistenza che, ieri come oggi, ha senso se vissuta per amare e per amore».

Soluri: «No al "tastierismo libero"»

Il presidente dell’Ordine dei Giornalisti Calabria Giuseppe Soluri, ribadendo il carattere deontologico della tematica dell’incontro, ha rilanciato la necessità di «una piccola rivoluzione copernicana rispetto all’uso dei social media. Nell’era del cosiddetto “tastierismo libero”, formazione e deontologia segnano la differenza tra chi svolge la professione di giornalista e chi usa i social per scrivere ciò che vuole. La notizia è quella verificata e filtrata attraverso precise regole deontologiche a cui i giornalisti, non chi scrive liberamente sui social, sono tenuti».
Ha inviato i suoi saluti don Enzo Gabrieli, delegato Fisc Calabria, impegnato con la festa patronale. A moderare l’incontro, Saveria Maria Gigliotti, direttore dell’ufficio per le comunicazioni sociali diocesano. A conclusione del convegno è stata celebrata la santa messa regionale per i giornalisti presieduta da don Valerio Chiovaro.

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