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Ciò che merita di essere accolto e valorizzato è il desiderio di aprirsi ad affetti stabili in un tempo incerto
Lo scenario al quale ci stiamo progressivamente abituando è quello che elegge il precariato come stile di vita, tanto sul piano lavorativo quanto su quello romantico e affettivo. Tuttavia, malgrado le implicanze sociali ed etiche, suonano attuali le parole di papa Francesco in Amoris laetitia: «Il desiderio di famiglia resta vivo, in specie fra i giovani, e motiva la Chiesa». Va da sé, in un contesto frammentato e privo di contorni, che l’amore sembri l’unica realtà convincente, chiamata a imporsi come risposta solida a questa società liquida.
Leggere il fenomeno in atto con lo sguardo della Chiesa immediatamente post-conciliare offusca l’ufficio profetico di chi si impegna a riconoscere i segni dei tempi; cedere alla tentazione del rimpianto nostalgico, ancora, sarebbe uno spreco di energie buone e un ulteriore motivo di scoraggiamento o di resa. È fondamentale non cedere alla tentazione di leggere la realtà a partire dai numeri che accompagnano le ricerche statistiche. La caduta libera dei matrimoni in Chiesa, così come l’aumento di quelli civili, è solo una parte del fenomeno. Ciò che merita di essere accolto e valorizzato è, invece, il desiderio di aprirsi ad affetti stabili, proprio nel momento in cui impera l’isolamento e le solitudini avanzano.
È doveroso ricordare come le scelte che plasmano la società non muovano soltanto dal potenziale delle giovani coppie, ma dalle stesse famiglie impegnate a mantenersi cellule unite e armoniche, luoghi protetti entro i quali ci si lascia modellare dall’amore. Il cambiamento passa dai modelli che proponiamo e dall'investire non sugli atti straordinari, ma su quelli squisitamente ordinari, dei quali il mondo è ancora pieno.
Non è vincente il pensiero nostalgico di chi ricorda con sentita commozione i momenti in cui si annoveravano schiere di giovani tra le fila dei movimenti, modelli da proporre come vere e proprie icone del fidanzamento cristiano. Quei tempi, infatti, cosa hanno prodotto? Le criticità in atto non sono altro che la conseguenza di un accompagnamento sbagliato di intere generazioni di fidanzati e sposi ai quali abbiamo chiesto di diventare qualcosa, ma non abbiamo permesso di essere se stessi.
Oggi, malgrado la fluidità dei rapporti e la precarietà dei contratti, almeno ci misuriamo con una verità che non cede agli aggiustamenti, ma che si presenta nuda e cruda; una verità non tacciabile di ipocrisia. Una verità, quella dell’amore passionale dei giovani, che sa ancora parlare al cuore, che sa ispirare fiducia, che chiede riscatto, anche dove sono sanguinanti le ferite personali. Sono cambiati i paradigmi, per questo la società chiede di essere letta a partire da ciò che saremo e non da ciò che è stato. Per fare questo serve una fiducia bella e incondizionata nell’umano.
La Chiesa non può tristemente limitarsi a fare la conta dei giovani rimasti, ma deve ridestare in loro la consapevolezza che l’amore è un linguaggio potente, un codice interpretativo dell’esistenza umana, capace di ispirare la società e spingere a giocarsi la vita per qualcuno che vorresti per sempre nella tua vita. L’amore porta ad allenare lo sguardo sull’altro, provoca domande di senso, spinge a un atto di fede reciproca, trascende l'individualismo e apre a una comunione profonda.
PER APPROFONDIRE: Il fidanzamento, tempo di speranza e amore
Il successo del fidanzamento cristiano non dipende dalla sola osservanza delle regole morali, ma dalla consapevolezza che la relazione vissuta nel Signore è già un solco nel quale «Egli getta un seme di speranza»; un luogo reale nel quale il divino irrompe; uno spazio immanente nel quale il trascendente si partecipa. Assumendo i sentimenti di Cristo, venuto a offrire a tutti gli uomini la Riconciliazione e la pace, il fidanzamento si offre come antidoto alla frammentazione, àncora nella fluidità, cammino di pienezza che mai potrà cedere il passo alla precarietà.
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