Avvenire di Calabria

Il libro della settimana, Alicudi, e la leggenda delle majare volanti di Marta Lamalfa

È ricco di metafore, questo romanzo. Nella trama e nel linguaggio somiglia a quelle narrazioni sospese tra realismo e magia che vengono dai sud del mondo

di Redazione Web

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram

È nella bellezza superba delle isole del venti, dove mare e cielo non hanno confini, il segreto di questo bel romanzo

Bella chi di bellissimo sì’ adornuta / Di li to pedi pirfinu a la trizza… Canta così, Pino, il catananno (bisnonno) - nome per metà derivante dal greco katà (assai) e metà dal siciliano nannu - e tutti intorno ballano, alzando le braccia a scatti, coi ritmi di una danza dell’antica Grecia. Sembra una pagina di Zorba il greco il romanzo di Nikos Kazantzakis o un’immagine del film diretto da Michael Cacoyanni, ma sono invece le poetiche strofe di un romanzo siciliano intenso, denso di sentimento e vita vera, con protagonisti personaggi che subiscono il fascino delle tradizioni; creature impregnate di odori di campagna e sapore di mare; lo stesso mare dove Omero immaginò la dimora di Eolo, re custode dei venti.



Alicudi, l’isola più solitaria delle Eolie, un mondo di cinque chilometri scarsi che nessuno sa contare fra i settecentotredici abitanti che ci vivono, è al centro di una storia tanto misteriosa quanto dimenticata, almeno fino a quando Marta Lamalfa, giovane scrittrice nata a Palmi, non l’ha riportata alla luce con L’isola dove volano le femmine (Neri Pozza, pagine 314, euro 18), romanzo scritto con lingua elegante, originale e antica, che solo i narratori mediterranei sanno ben maneggiare. Caterina, è la protagonista del racconto che scorre tra majare che volano di notte nel cielo, e pescatori e contadini, abitanti dell’isola dei profumi e dei colori, di cui l’autrice riporta magie, umori e fatiche.

Quando la protagonista del romanzo perde la sua gemella, che se l’è portata via un male cattivo, è come se la sua vita si fosse improvvisamente ristretta. Le restano il lavoro nei campi e le fatiche di casa, aspettando stancamente il giorno in cui nell’isola tutti si riuniscono per impastare il pane di segala: perché solo quello, da sempre, panificano gli alicudari. Ma da qualche tempo (siamo nell’anno 1903) qualcosa è cambiato. Alle spighe di segale spuntano piccoli corni neri, come il carbone; tizzonare, le chiamano. Avvengono pure fatti strani, dopo aver mangiato quel pane nero. Ci sono animali che parlano, pagliacci giganti che si muovono all’orizzonte, pietre che piovono dal cielo. E le majare [streghe] si alzano in volo di notte. All’inizio, gli alicudari non s’erano fidati a mangiare quel pane, fatto di segale, Caterina al contrario butta giù morsi duri che hanno l’odore della morte e sogna di scappare.


PER APPROFONDIRE: Al MArRC i risultati del cantiere di digitalizzazione del patrimonio culturale


Vorrebbe diventare majara, da quando ha sentito che sono donne che «c’hanno dei poteri»: ridono e volano, sono cosparse da un unguento speciale e hanno i capelli sciolti. È ricco di metafore, questo romanzo. Nella trama e nel linguaggio somiglia a quelle narrazioni sospese tra realismo e magia che vengono dai sud del mondo, e nelle quali si confondono fantasia e realtà. Qui, il magico che ha acceso l’immaginazione della scrittrice, si trova nell’area delle Eolie, al centro del Mediterraneo; ad Alicudi, la più piccola delle isole dell’arcipelago, che l’ha ispirata per la storia delle “streghe del mare” e dell’allucinazione provocata dalle strane spighe di segale. È nella bellezza superba delle isole del venti, dove mare e cielo non hanno confini, il segreto di questo bel romanzo.

Articoli Correlati