Avvenire di Calabria

Il libro della settimana: Cronache di migrazione. C’è chi cerca nell’uomo la speranza del domani

Badkhen descrive la disperazione e lo straniamento di una migrazione umana epocale, e lo sconvolgimento globale del presente

di Mimmo Nunnari

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram

Dalla profonda America ai deserti africani all’Oriente, il lungo racconto di Anna Badkhen va oltre ciò che si vede

Anna Badkhen, saggista, giornalista, nata nell’ex Unione Sovietica nel 1975, vive da tempo negli Stati Uniti, nel Texas. Scrive sul “New York Times” e sulle più prestigiose riviste letterarie americane. Lei stessa - ebrea russa e scrittrice americana - si definisce Migrant, nel libro appena pubblicato: “Cronache di un mondo in movimento” (Gramma Feltrinelli, traduzione Gioia Guerzoni, pagine 192, euro 18), in cui ricorda che la parola “migrante” è comparsa per la prima volta nella lingua inglese nel Seicento, come aggettivo riferito agli animali che “cambiano posto”; che più tardi fu associata agli esseri umani da un ministro congregrazionale nel 1807, quando scrivendo della storia coloniale del New Hampshire, affermò: «L’etimologia stessa disumanizza chi non è stanziale».



Badkhen descrive la disperazione e lo straniamento di una migrazione umana epocale, e lo sconvolgimento globale del presente: mutamenti climatici, guerre, razzismo, oppressione sociale. Viviamo in un’epoca - scrive - in cui una persona su sette ha lasciato il luogo nel quale è nata; un’epoca in cui, del miliardo di migranti che vivono sul pianeta, un quarto ha varcato confini segnati non soltanto dalla geografia e dalla geopolitica, ma dai legami di razza, religione, classe e genere che plasmano le comunità umane da tempo immemorabile. La conseguenza è vivere in un mondo del tutto scardinato, dentro «una mappa di lacerazioni».

Gli undici reportage raccolti nel libro raccontano un mondo che noi occidentali miopi e indifferenti vediamo solo in superficie, mentre l’autrice scende in profondità, dove ci sono ferite che dovremmo curare, e sulle quali invece spesso spargiamo sale. Fa un viaggio, la scrittrice, alla ricerca del senso, nelle grandi separazioni dell’umanità: dalla Great Rift Valley in Etiopia, il luogo dove 160.000 anni fa si ebbe la prima grande dispersione umana, alle attuali zone di guerra, dalle metropoli occidentali segnate da violenza e razzismo, alle terre devastate dalle catastrofi climatiche e dalle carestie.

“Cronache di un mondo in movimento” - racconto crudo e vero della realtà - illumina il buio della nostra condizione di umanità smarrita, in cui ci sentiamo frammentati, impauriti e confusi dalla vicinanza con l’Altro. Scopre come nel mondo nuovo che avanza alle spese del vecchio, vi siano nonostante tutto i semi di una ritrovata umanità futura. Parla anche di musica nei reportage, musica che per molti popoli è dichiarazione di fede, un modo per avvicinarsi a Dio; rievoca anche testi sacri nei suoi racconti, ricordando che la voce umana è stata il primo strumento musicale dell’umanità.


PER APPROFONDIRE: Il libro della settimana: il miracolo dell’arte italiana, da Cimabue a Caravaggio


Nella prefazione cita le parole di Toni Morrison: «Stiamo sognando tutto sbagliato», pronunciate dalla scrittrice Nobel per la letteratura a proposito dell’idea di perdere il luogo a cui si appartiene. Dalla profonda America ai deserti africani all’Oriente, il lungo racconto di Anna Badkhen va oltre ciò che si vede e aiuta il lettore a cogliere il senso di un mondo lacerato, dentro il quale per fortuna, guardando in profondità, si scorge una prospettiva di speranza.

Articoli Correlati