Avvenire di Calabria

Giovani e spiritualità, le omelie siano preparate con cura dai parroci

Il vescovo Morosini: «Leggere l’attualità con il Vangelo»

Davide Imeneo

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Di ritorno dall’Assemblea straordinaria della Conferenza episcopale italiana, abbiamo incontrato monsignor Giuseppe Fiorini Morosini, arcivescovo metropolita di Reggio Calabria – Bova per approfondire i temi dell’incontro romano.

 
Ci può raccontare come si è arrivati alla “novità” del Padre Nostro?
Si è portato a termine una discussione che era rimasta “sospesa”. Devo ammettere come non ci sia stata unanimità di consensi poiché vi era un’altra possibilità di traduzione che ricalcava quella spagnola e francese: «Fa che non possiamo soccombere nella tentazione». Alla fine è prevalsa l’idea che l’attuale traduzione della Bibbia, operata della Cei, dovesse essere uguale alla preghiera liturgica onde evitare confusione tra i fedeli.
 
Quali altri sono stati i temi affrontati dall’assemblea dei vescovi?
Abbiamo parlato a lungo di liturgia: d’altronde sappiamo che questa sia il modo preferenziale per esprimere la fede da parte della Chiesa. Sulla base di questi principi si è richiamata l’attenzione del clero e dei fedeli sull’uso del canto, dei simboli, dell’offertorio. Spesso la «creatività» porta alle esagerazioni. La solennità di una celebrazione è data da una partecipazione effettiva e decorosa dell’assemblea tutta. Inoltre, si è trattato il tema della pedofilia con la grande preoccupazione che la Chiesa italiana ha espresso: va curata meglio la formazione dei futuri sacerdoti.
 
Le nostre assemblee, recentemente, scarseggiano di giovani. Perché?
Le parole che utilizziamo sono quelle attese dai nostri ragazzi? I sacerdoti devono essere responsabilizzati rispetto alle omelie: vanno preparate con cura, quello è il momento in cui si deve spiegare la Parola di Dio e non lasciarsi andare a considerazioni generiche. Certamente, quella Parola, deve rileggere l’attualità dell’uomo. Personalmente, ho anche fatto una proposta nel mio gruppo di studio.
 
Quale?
Durante il percorso in Seminario si avviino dei tirocini per preparare i futuri sacerdoti a predicare il Vangelo restando ancorati alla quotidianità. Penso che si possa incaricare un seminarista, di volta in volta, nel prepararsi un’omelia che affronti il tema più urgente e dibattuto in quel dato momento storico. Bisogna esercitare l’osservazione dei fatti con gli occhi della fede.
 
Domenica ha celebrato la Giornata mondiale del Povero. Secondo lei, le parrocchie di Reggio stanno riuscendo a integrare anche attraverso le celebrazioni?
Personalmente noto un grande coinvolgimento nei gruppi e nelle associazioni da parte di tanti ragazzi migranti. Devo evidenziare come, durante l’Assemblea dei vescovi, sia stata rimarcata la necessità di riflettere nelle comunità sul «rigurgito xenofobo» che sta invadendo anche la mente di tanti cattolici. E questo è davvero molto preoccupante.
 
Un altro dato che preoccupa è la tendenza di tanti giovani a scegliere modelli criminali quali esempi di vita.
C’è, purtroppo, una religiosità che non incide. Troppo spesso una certa religiosità viene difesa fanaticamente dalle masse: processioni, balli, luminari, colpi. Cosa esprime tutto questo? Chi e che cosa stiamo annunciando? Sono interrogativi che dovremmo affrontare come comunità, non solo i vescovi e i sacerdoti.

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