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Un altro sacerdote vittima di una intimidazione in Calabria. Dopo l'aggressione e l'incendio dell'auto a don Giovanni Rigoli a Varapodio, nella diocesi di Oppido Mamertina - Palmi, nel mirino di ignoti malviventi è finito un altro parroco: don Felice Palamara della diocesi di Mileto - Nicotera - Tropea.
Don Felice Palamara è parroco di Pannaconi, frazione di Cessaniti, centro della provincia di Vibo Valentia. Nei giorni scorsi aveva subito il danneggiamento della sua auto, oltre ad aver ricevuto lettere con pesanti minacce indirizzate anche al vescovo, monsignor Attilio Nostro.
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Questa volta si è andati oltre. Qualcuno ha versato della candeggina nelle ampolle dell'acqua e del vino. È stato lo stesso presbitero a rendersene conto al momento della comunione, durante la celebrazione di sabato pomeriggio.
Accostando il calice alla bocca, don Felice ha sentito uno strano odore. Sospesa la celebrazione, il sacerdote ha denunciato l'accaduto ai carabinieri che hanno avviato le indagini per risalire ai responsabili.
PER APPROFONDIRE: Varapodio, incendiata l’auto di don Gianni Rigoli
Nell'imminenza dell'accaduto, il parroco ha affidato il suo pensiero ai social. «La mia vendetta - ha scritto don Felice Palamara - si chiama amore, il mio scudo perdono, la mia armatura misericordia. Il mio agire sarà l’accoglienza, la mia parola la preghiera, il mio gesto un cuore aperto, la mia battaglia il loro cambiamento. Non mi soffermo agli ostacoli, né mi lascerò impaurire dal buio, perché al di là di tutto chiunque sia, qualsiasi cosa è stata fatta per me è, e rimane quel fratello solamente d' amare, anche se la giustizia dovrà fare il suo corso».
«Mi appello nuovamente alle comunità cristiane perché non si lascino scoraggiare da questo linguaggio di violenza. Non dobbiamo cedere a questa logica, facendoci tentare dallo sconforto e dalla rabbia», ha scritto monsignor Attilio Nostro a seguito dell'ennesimo atto intimidatorio subito da don Felice Palamara.
«La diocesi - ancora il vescovo di Mileto Nicotera Tropea - sta vivendo un momento di sofferenza a causa di atti intimidatori che nulla hanno a che fare con la normale vita cristiana delle parrocchie».
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«Non possiamo accettare questo linguaggio, non dobbiamo rispondere all’odio con odio, sapendo che non è possibile dialogare davvero con chi si rifiuta di farlo», ha detto il presule nel ringraziare «di cuore le forze dell’ordine per la professionalità con la quale ci stanno aiutando e sostenendo in questo momento umanamente difficile».
«Anch’io - ha concluso Nostro - continuerò a garantire ai miei sacerdoti la mia costante presenza perché possano svolgere il proprio prezioso servizio in favore del Popolo di Dio».
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