Don Valerio Chiovaro (Ucsi) commenta il messaggio del Papa per la giornata mondiale delle comunicazioni sociali
Don Valerio Chiovaro, presidente di Ucsi Calabria, commenta il messaggio del Papa per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali
Bullizzato.
Ormai siamo abituati a convivere con questo termine, che indica – come spiega la Treccani – chi è “vittima di prepotenze e vessazioni da parte di uno o più bulli”. Il termine bullo, invece, indica – sempre per Treccani – un “giovane arrogante, violento, teppista, bravaccio”. Volendo mettere i puntini sulle i si potrebbe eccepire sul termine giovane, precisando cioè che essere e mostrarsi “bulli” non è soltanto prerogativa della giovane età. I termini però che contano sono questi: prepotenza, vessazione, violenza, arroganza… prevaricazione.
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La nostra è una società di bulli? Viene da chiederselo se si leggono le cronache, in particolare legate al mondo dei ragazzi e spesso a quello della scuola, dove il fenomeno del bullismo è ben conosciuto e anche combattuto. Come? Con tante iniziative mirate che vanno da azioni intraprese dai singoli insegnanti, dagli istituti scolastici, dalle associazioni – e qui spicca Telefono Azzurro – per garantire tutela a quanti risultano vittime di atteggiamenti prevaricatori.
L’estensione del fenomeno del bullismo al di fuori dalla scuola è testimoniata anch’essa da diversi fatti di cronaca. Da ultimo quello relativa ad un trentenne salvato dal suicidio a Lucca, grazie all’attenzione di chi ha letto un suo post su Facebook. Parliamo di un uomo, che scriveva: “Mi sento solo, più faccio del bene e più vengo bullizzato”. E ancora: “Sto arrivando al punto di farla finita per sempre. Martedì stacco il profilo e prima o poi arrivo a tal gesto così dopo vi ‘divertirete’ con un’altra persona”.
In questo caso la vicenda è finita bene, perché, intercettata sul web, la richiesta di aiuto ha provocato l’intervento attento dei carabinieri che hanno contatto il giovane, evitando la tragedia. I persecutori sarebbero da ricercare in un gruppo di coetanei.
Trentenni, dunque. Ma fa ancora più impressione quando sono coinvolti in vicende del genere i minori, che presumibilmente hanno anche meno difese di chi ha qualche anno di più. A Gragnano, nel Napoletano, un tredicenne si è tolto la vita qualche mese fa, a causa di fenomeni di bullismo. E fa pensare che di nuovo pochi giorni fa un altro ragazzino, sempre a Gragnano sia stato vittima di bulli (alcuni di loro già coinvolti nell’episodio precedente). Di nuovo una tragedia sfiorata, grazie all’intervento della famiglia e dei carabinieri che hanno anche proceduto a degli arresti.
Cosa muove i bulli? Lasciamo a psicologi e sociologi le spiegazioni, certo tanti messaggi pubblici presenti nella nostra società invitano alla competitività che sfiora la prevaricazione. Qui l’unico antidoto veramente efficace è la cultura o, meglio, l’educazione.
Ancora la scuola, che spesso è teatro delle vicende più delicate, è chiamata in causa con i suoi strumenti per far fronte ai fenomeni degenerativi che coinvolgono i più giovani. E’ chiamata a raccogliere il grido d’aiuto delle vittime come anche dei bulli, naturalmente con tutti i distinguo del caso. Certo è che un’abitudine al rispetto, all’accoglienza, all’inclusione, alla delicatezza coltivata e guidata nei rapporti scolastici, insieme alla consegna di quel bagaglio indispensabile di conoscenze che mette in moto l’autostima e la padronanza di sé, aiuta a vincere.
Anche per questo la scuola è un nodo cruciale per lo sviluppo del Paese. Della comunità.
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