Avvenire di Calabria

La cultura è l’unico antidoto contro il bullismo

di Alberto Campoleoni

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Bullizzato.
Ormai siamo abituati a convivere con questo termine, che indica – come spiega la Treccani – chi è “vittima di prepotenze e vessazioni da parte di uno o più bulli”. Il termine bullo, invece, indica – sempre per Treccani – un “giovane arrogante, violento, teppista, bravaccio”. Volendo mettere i puntini sulle i si potrebbe eccepire sul termine giovane, precisando cioè che essere e mostrarsi “bulli” non è soltanto prerogativa della giovane età. I termini però che contano sono questi: prepotenza, vessazione, violenza, arroganza… prevaricazione.


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La nostra è una società di bulli? Viene da chiederselo se si leggono le cronache, in particolare legate al mondo dei ragazzi e spesso a quello della scuola, dove il fenomeno del bullismo è ben conosciuto e anche combattuto. Come? Con tante iniziative mirate che vanno da azioni intraprese dai singoli insegnanti, dagli istituti scolastici, dalle associazioni – e qui spicca Telefono Azzurro – per garantire tutela a quanti risultano vittime di atteggiamenti prevaricatori.

L’estensione del fenomeno del bullismo al di fuori dalla scuola è testimoniata anch’essa da diversi fatti di cronaca. Da ultimo quello relativa ad un trentenne salvato dal suicidio a Lucca, grazie all’attenzione di chi ha letto un suo post su Facebook. Parliamo di un uomo, che scriveva: “Mi sento solo, più faccio del bene e più vengo bullizzato”. E ancora: “Sto arrivando al punto di farla finita per sempre. Martedì stacco il profilo e prima o poi arrivo a tal gesto così dopo vi ‘divertirete’ con un’altra persona”.

In questo caso la vicenda è finita bene, perché, intercettata sul web, la richiesta di aiuto ha provocato l’intervento attento dei carabinieri che hanno contatto il giovane, evitando la tragedia. I persecutori sarebbero da ricercare in un gruppo di coetanei.

Trentenni, dunque. Ma fa ancora più impressione quando sono coinvolti in vicende del genere i minori, che presumibilmente hanno anche meno difese di chi ha qualche anno di più. A Gragnano, nel Napoletano, un tredicenne si è tolto la vita qualche mese fa, a causa di fenomeni di bullismo. E fa pensare che di nuovo pochi giorni fa un altro ragazzino, sempre a Gragnano sia stato vittima di bulli (alcuni di loro già coinvolti nell’episodio precedente). Di nuovo una tragedia sfiorata, grazie all’intervento della famiglia e dei carabinieri che hanno anche proceduto a degli arresti.

Cosa muove i bulli? Lasciamo a psicologi e sociologi le spiegazioni, certo tanti messaggi pubblici presenti nella nostra società invitano alla competitività che sfiora la prevaricazione. Qui l’unico antidoto veramente efficace è la cultura o, meglio, l’educazione.

Ancora la scuola, che spesso è teatro delle vicende più delicate, è chiamata in causa con i suoi strumenti per far fronte ai fenomeni degenerativi che coinvolgono i più giovani. E’ chiamata a raccogliere il grido d’aiuto delle vittime come anche dei bulli, naturalmente con tutti i distinguo del caso. Certo è che un’abitudine al rispetto, all’accoglienza, all’inclusione, alla delicatezza coltivata e guidata nei rapporti scolastici, insieme alla consegna di quel bagaglio indispensabile di conoscenze che mette in moto l’autostima e la padronanza di sé, aiuta a vincere.
Anche per questo la scuola è un nodo cruciale per lo sviluppo del Paese. Della comunità.

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