Sacerdoti, una porta aperta alla speranza: don Giacomo si racconta
Monsignor D’Anna è parroco della comunità dell’Itria di Reggio Calabria. Spiega il prezioso valore di «essere uniti nel dono».
I bagliori sulla città di Reggio, poi il rombo dell’aereo in picchiata e l’esplosione della bomba, il caos, il lutto. I ricordi vengono fuori nitidi e precisi dalla voce profonda del marcherse Ramiro Ramirez, ultimo testimone oculare del bombardamento che esattamente 75 anni fa, il 31 gennaio del 1943, uccise dieci persone, tra le quali l’allora Arcivescovo di Reggio Calabria–Bova, Enrico Montalbetti. Il piccolo studio in cui il marchese, 88 anni, riceve gli ospiti, è arredato con cura: su una parete di legno campeggiano i ricordi di una famiglia devastata dalla guerra, le foto del padre, della madre, del fratello maggiore Francesco, morti nell’attacco in cui perse la vita l’amato presule di origine veneziana. La guida della Chiesa reggina, arrivato in diocesi soltanto 4 anni prima, si trovava nella villa dei marchesi Ramirez, dopo essere stato in visita pastorale ed aver celebrato la Messa nella vicina parrocchia di Annà di Melito Porto Salvo. Avrebbe dovuto pernottare nella Villa, per raggiungere poi il giorno dopo le parrocchie di Bova e proseguire così la sua visita pastorale. Una serie incredibile di coincidenze portò alla tragedia del 31 gennaio 1943: il cacciabombardiere inglese che sganciò gli ordigni decollò dai territori egiziani, occupati dalle forze britanniche, per andare a distruggere ciò che l’intelligence aveva erroneamente individuato come un importante obiettivo militare, villa Ramirez. «I ricognitori passarono qualche giorno prima – racconta il marchese – ricordo perfettamente che quattro giorni prima dell’attacco, davanti casa stavano rimorchiando una nave militare che era stata silurata. I ricognitori passarono proprio allora, quando, per proteggere la nave, il nostro esercito aveva montato dei cannoni sulla spiaggia davanti casa e il camion di testa della colonna di terra che seguiva le operazioni si ruppe proprio sulla strada in corrispondenza della nostra villa. Quindi, quando passarono i ricognitori, videro i cannoni, tre camion, una trentina di soldati e scambiarono casa nostra per un centro operativo militare, tant’è che mio padre aveva già deciso di trasferirsi a Reggio, perché aveva capito che la villa di I Annà non era più un posto sicuro dove abitare. Quindi, terminata la visita pastorale saremmo andati via». Ma le coincidenze che portarono alla tragedia di Annà non si fermano alla strategia militare: «Dopo la celebrazione della messa pomeridiana – racconta Ramirez – sua eccellenza ricevette in casa nostra alcuni notabili della città, dopo aver benedetto noi bambini. Io avevo 12 anni. Inatteso, arrivò anche monsignor Pontari che disse a sua eccellenza e a tutti gli ospiti di venir fuori sul terrazzino a guardare il cielo, perché gli inglesi stavano lanciando dei razzi traccianti su Reggio». «Gli ospiti e anche sua eccellenza uscirono – prosegue il marchese – mentre noi eravamo sul retro. Proprio in quell’istante sentii questo aereo arrivare. Sganciò otto bombe, delle quali una scoppiò proprio di fronte casa: sua eccellenza fu investito in pieno. In quell’attacco io persi mio fratello maggiore, mio padre e mia madre». «Dopo l’esplosione – prosegue ancora il marchese – vidi mio fratello Francesco che si teneva un braccio perché era ferito, poi incontrai mia nonna che aveva perso una mano, poi mio zio Antonio coperto da una maschera di sangue». Un ricordo amaro terribile, anche tre quarti di secolo dopo, mitigato dalla memoria del Pastore da cui, qualche anno prima, aveva ricevuto la prima comunione nella cattedrale di Reggio. «La benedizione che impartì a noi bambini – ricostruisce il marchese – fu l’ultima che diede nella sua vita». L’incidente che portò alla morte del vescovo e di gran parte della famiglia Ramirez scatenò le proteste della Santa Sede nei confronti del governo inglese, il quale, riconosciuto l’errore, si scuserà con il Vaticano e con i superstiti. Una tragedia che ha cambiato per sempre la storia di una famiglia e della comunità ecclesiale reggina.
Monsignor D’Anna è parroco della comunità dell’Itria di Reggio Calabria. Spiega il prezioso valore di «essere uniti nel dono».
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