Un’inedita tela raffigurante la predicazione di Paolo di Tarso sulla riva dello Stretto è custodita nei locali della chiesa di san Paolo alla Rotonda a Reggio Calabria
La predicazione di San Paolo in riva allo Stretto: ecco la tela
Redazione Web
29 Giugno 2020
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Un’inedita tela raffigurante la predicazione di Paolo di Tarso sulla riva dello Stretto è custodita nei locali della chiesa di san Paolo alla Rotonda a Reggio Calabria. In pochi la conoscono. Questo dipinto è firmato Rinaldo Nardi e datato 1891. La biografia di Rinaldo Nardi da Thiene (1858 – 1908) è tracciata in Giovanni Marcianò “Pellaro 1903 … e il mistero di un pittore fantasma a Reggio Calabria”, edito nel 2019 per i tipi di Iiriti editore. L’artista vicentino ha operato a Reggio Calabria già dal 1884. È autore di altre opere a carattere religioso, nonché di ritratti di personaggi illustri della città, tra cui quello del cardinale Portanova custodito nell’episcopio di Reggio. Nella ricorrenza della festività di san Paolo ho voluto tracciare brevemente l’ultimo periodo della vita del santo tra il 63 e 66 d.C., in quanto l’icona lasciata da Rinaldo Nardi offre l’occasione per riparlare di lui approdato in riva allo Stretto. Si vedono nell’opera del pittore i Peloritani.
Il santo in atteggiamento evocativo della parola del Signore è rappresentato affianco alla colonna, nei pressi di Calamizzi, in riva alle calme acque azzurre dello stretto di Scilla e Cariddi. Paolo di Tarso nacque attorno al 5 d.C. a Tarso, città greca della Cilicia, da una famiglia di ebrei aristocratici. Di bassa statura, era affetto da oftalmia, una malattia dell’occhio molto comune nel Medio Oriente. Dopo la conversione fu «ministro e testimone della vita terrena del Signore finalizzando le sue predicazioni a che i pagani potessero passare dalle tenebre alla luce e dal potere di satana a Dio e ottenere la remissione dei peccati». Fedele seguace di Cristo, in suo nome predicava e per questo fu perseguitato. A Gerusalemme rischiò il linciaggio della folla. Accusato di aver profanato il tempio ebraico introducendovi l’ex pagano Trofimo, fu assalito dai giudei che tentarono di ucciderlo. Fatto prigioniero, il comandante romano Festo lo trasferì a Cesarea, dove Paolo trascorse in prigione due anni. Stremato ed al limite della sopportazione, in quanto cittadino romano si appellò a Cesare. In viaggio verso Roma, durante la navigazione, la nave naufragò nell’isola di Malta e successivamente l’equipaggio fece tappa a Reggio Calabria.
, chiese di poter predicare l’evangelo di Cristo e gli fu consentito, per la prima volta in Italia, di parlare alla folla radunata per il festeggiamento della dea Diana nel santuario di Artemide Fascelide sul promontorio di Calamizzi. Parlare, sì ma a una condizione: il tempo sarebbe stato scandito da una candela posta sopra una porzione di colonna del tempio. Paolo cominciò la sua predicazione e finita la cera la colonna incominciò a risplendere di luce come un fuoco vivo e gli permise di continuare a parlare a lungo. Nella Cattedrale di Reggio Calabria, nella cappella di destra, è conservata la colonna bruciata. Prima di partire per Roma, Paolo di Tarso lasciò a Stefano Niceno, l’eredità di un popolo convertito, proclamandolo primo vescovo della città dello Stretto. Reggio fu la prima città a convertirsi alla fede cristiana. Lasciata Roma, Paolo si reca a Nicopoli, nel-l’Epiro, qui fu fatto prigioniero e ricondotto a Roma; dove muore “martire”, probabilmente nell’anno 67 d.C.
Come ogni prima domenica di febbraio, da 45 anni a questa parte, la Chiesa italiana rinnova questo appuntamento di preghiera e, soprattutto, riflessione sul grande tema della vita.
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