Domenico Marino, docente di Politica economica, interviene in vista delle ormai prossime elezioni regionali
La «ricetta» dell’economista: un distretto innovativo è possibile
Domenico Marino
15 Gennaio 2020
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Le prossime elezioni regionali costituiscono per i calabresi l’opportunità per spingere nel senso di un cambiamento della classe politica e della politica. Un cambiamento che a conti fatti rimane l’unica speranza per risollevare le sorti di questa terra.
Troppo spesso quando si parla di Calabria e di sviluppo si oscilla fra un pessimismo, che altro non è che l’anticamera del disfattismo, che fa immaginare che qualunque sforzo sia inutile e che i calabresi siano antropologicamente incapaci di avviare circoli virtuosi e il facile ottimismo, figlio spesso dell’incompetenza, che delinea percorsi immaginifici, ma lontani dalla realtà e, pertanto, irrealizzabili. Per trovare la giusta via non possiamo che affidarci alle parole di un grande esperto di sviluppo, Albert Hirschiman, che, nell’allegoria della «mano che nasconde», afferma, partendo dall’assunto che gli individui non abbiamo grande fiducia nelle proprie capacità, che è spesso necessario nascondere i problemi e sottostimare la dimensione delle avversità, in modo da poter iniziare senza troppe perplessità ad affrontare la realtà, facendo pieno uso delle proprie capacità.
Dobbiamo, quindi, nasconderci le difficoltà, senza cadere nella faciloneria, e ciò è possibile solo se si ha il coraggio di pensare in grande e di pensare strategicamente. Abbiamo bisogno di grandi idee che rompano gli schemi consolidati, abbiamo bisogno di una iniezione di fiducia, abbiamo bisogno di una visione dello sviluppo. Tutto questo è drammaticamente mancato negli ultimi 40 anni, abbiamo convissuto con politiche di piccolo cabotaggio, prive di spunti innovativi che altro non erano che ripetizioni stantie o imitazioni mal riuscite. La latitanza delle istituzioni e il drammatico fallimento di tutte le politiche di sviluppo hanno dato fiato e potere a tutto un sottobosco politico–clientelare che ha barattato il consenso con la promessa di uno sviluppo assistito, che si manifestava in una pioggia di finanziamenti non inseriti in alcun progetto serio ed organico di sviluppo e che non faceva altro che inseguire le emergenze, non per risolverle, bensì per perpetuarle. La Calabria non deve più inseguire l’industrializzazione, ma deve fare un salto nella nuova era e investire in creatività e innovazione. È inutile inseguire il treno dell’industrializzazione, dobbiamo piuttosto pensare alla Calabria 4.0, una Calabria di imprese high–tech e che forniscono servizi avanzati e una Calabria che valorizza in maniera innovativa i tradizionali settori dell’Agroalimentare e del Turismo.
Calabria 4.0 significa investire nella logistica, e a Gioia Tauro abbiamo un polo di eccellenza in grado di trasformare la Calabria in una grande piattaforma fra l’Europa, l’Asia e l’Africa. Calabria 4.0 significa trasformare la Calabria in una regione creativa che a partire dal patrimonio di beni culturali valorizzi i settori tradizionali del turismo, dell’agroalimentare e dell’artigianato di qualità innestando una “sovrapposizione virtuosa” tra beni culturali e sistema produttivo che è ciò che consente ciò ai beni culturali di giocare il ruolo di volano di sviluppo. In un mondo in cui la velocità è tutto, in cui la rapidità è un fattore critico di successo, la Calabria si presenta con un processo di decisione/attuazione, lento, farraginoso ed elefantiaco.
Un pachiderma che deve competere in una gara di velocità con lepri e gazzelle. Non servono nuove risorse o nuovi investimenti. La cura è semplice e immediata, basta investire in intelligenza e competenze. Ma intelligenza e competenza fa rima con merito e questo è stato sempre il grande assente nei palazzi regionali. I fondi strutturali e la programmazione 2021–2027, a fronte del sostanziale fallimento della programmazione 2014–2020, sono in questa luce una opportunità straordinaria che per essere colta ha bisogno di un cambiamento a 360° sia nella strategia, sia nell’attuazione. Il poco e male fatto fino ad oggi deve essere immediatamente corretto perché quella che abbiamo oggi è un’opportunità straordinaria per far crescere la Calabria. Sprecarla sarebbe non solo un atto di masochismo, ma anche una perdita di credibilità esiziale per la Calabria.
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