In occasione della festa della Madonna di Fatima siamo tornati ad occuparci di un gruppo di volontari reggini che sono ispiritati dalla sua spiritualità. Una realtà solidale che, tra l'altro, entra a pieno titolo nell'attualità in quanto cooperanti internazionali. Si tratta delle donne e degli uomini di Ashiafatima che, in questi mesi di lockdown, si sono spesi a favore del loro territorio, Reggio Calabria, per fronteggiare la crisi alimentare dovuta al Coronavirus. Basterebbe questo per celebrare con estrema dignità il ricordo della prima apparizione, quel 13 maggio 1917, in un villaggio sperduto sugli altipiani dell'Estremadura a tre pastorelli: Lucia Dos Santos, Francesco e Giacinta Marto. Oltre un secolo dopo c'è chi continua a impegnarsi, partendo proprio da quel miracoloso evento: sono le suore di Fatima che accompagnano i volontari di Ashiafatima nelle loro esperienze di cooperazione a Bamenda, nel cuore del Camerun.
Abbiamo già raccontato a più riprese l'attività di Ashiafatima in Camerun. Abbiamo intercettato Claudio Panella, presidente del sodalizio, partendo - come ovvio - dalla vicenda di Silvia Romano: «La liberazione di Silvia è un raggio di sole in un momento buio. Il suo sorriso rimbalzato su tutti i telegiornali, ci ha accarezzato il cuore rendendoci partecipi di una gioia immensa. La sua liberazione, ci ha immediatamente riportati a rivivere la nostra esperienza di sequestro, facendoci riflettere sulle difficoltà che si incontrano lungo il cammino del volontariato. Malgrado l’amarezza e il timore per una vicenda brutta, - sostiene Claudio il lieto fine fa crescere la consapevolezza che non devono essere le difficoltà a fermarci, perché darsi agli altri e per gli altri è sempre motivo di accrescimento per ognuno di noi. Pronti a partire».
Prima, però, c'è da attendere lo sblocco degli spostamenti internazionali. E il fattore tempo non gioca a favore dei cooperanti. Così, le donne e gli uomini di Ashiafatima non se ne stanno con le mani in mano. «Oggi, abbiamo rinnovato il nostro impegno stringendo la mano di chi l’ha protesa verso di noi, questa volta nella nostra terra. Abbiamo risposto ad un invito del banco alimentare, arricchendo ancora una volta la nostra vita di un’esperienza diversa, impegnativa e ricca di momenti commuoventi e importanti», spiega Panella che prosegue «l’approccio con il Banco Alimentare ci ha permesso di vedere una realtà cittadina, sommersa e sofferente, che con dignità affronta le difficoltà quotidiane e che è sempre riconoscente, di fronte all’impegno degli altri Le tante persone in difficoltà che ricevendo il pacco, non si sentono abbandonate ma credono nella Provvidenza e sperano che il loro domani possa migliorare. Tutto questo è motivo per noi e per tutti di impegno diretto volto a rendere meno difficoltoso un momento così peculiare e buio, dove il sorriso al sopra della mascherina, non compensa l’assenza di una stretta di mano, ma - conclude - rappresenta uno spiraglio di speranza».