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“Il monaco sottragga al suo corpo qualcosa nel cibo, nel bere, nel sonno, nel parlare, nello scherzare e con gioia attenda la santa Pasqua”. Riprendendo le parole San Benedetto nella sua Regola, l’arcivescovo di Trento, mons. Lauro Tisi, nella messa per il Mercoledì delle Ceneri, si è soffermato su “un aspetto fondamentale della vita credente: la gioia”. “Davvero illuminanti le parole del santo patrono di questa nostra Europa triste e frastornata. Esse ci aiutano infatti a capire che la gioia cristiana è legata a filo doppio alla consapevolezza che in Cristo Risorto trova compimento la nostra umanità. Tutta la nostra umanità”, ha sottolineato il presule. Parlare di Pasqua e del Cristo Risorto “è fare esperienza del modo nuovo di stare al mondo apparso nell’umanità di Gesù. L’habitat di Gesù ha in sé una gioia e una forza di vita che nessuna tempesta esistenziale, nemmeno la morte, riesce a cancellare”.
Per entrare in questo flusso vitale, “può aiutarci la via del digiuno. Esso non è privazione, ma al contrario è antidoto che smaschera l’effimera gioia di chi si affida all’ansia dell’accumulo, alla voracità nella consumazione del cibo, alla ricerca continua dello sballo, alla moltiplicazione di parole non abitate”. L’annotazione dei dietisti che invitano ad alzarsi da tavola ancora un po’ affamati, ha spiegato Tisi, “va nella direzione auspicata dal Vangelo di far diventare il digiuno, e più in generale la sobrietà, un elemento permanente del nostro vivere per poter coltivare il desiderio e l’attesa. La caduta del desiderio preclude la possibilità di gustare la gioia”. Il desiderio, tuttavia, non basta: “Ha bisogno di essere alimentato e rilanciato dalla frequentazione continua delle novità. Cristo e la sua Pasqua sono l’eterna novità, il perenne rilancio, l’eterna giovinezza”.
In Gesù, la gioia percorre la via del “grazie” e “si alimenta alla scoperta stupita dei tanti volti che si prendono cura di noi e nei quali tocchiamo la tenerezza del Padre”. In Gesù,” la gioia ha il gusto bello di chi esce incontro all’altro non con lo sguardo rabbuiato alla ricerca di limiti e difetti, ma con l’occhio stupito del Padre che trova in ogni uomo tratti di bellezza e vita”. In Gesù “la gioia si fa resilienza di fronte alla scorciatoia dell’odio e della rabbia, liberando la magnanimità e la benevolenza del Padre”.
Fonte: Agensir