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Il 23 aprile la Chiesa ricorda San Giorgio; una giornata speciale per la città di Reggio Calabria che festeggia il suo Santo Patrono a cui sono intitolate anche due comunità parrocchiali sul territorio cittadino.
La città di Reggio Calabria festeggia il patrono San Giorgio con diversi momenti. Alle 11, presso la parrocchia di San Giorgio al Corso - Tempio della Vittoria, l’arcivescovo metropolita di Reggio Calabria - Bova, monsignor Fortunato Morrone presiederà una messa a cui prenderanno parte le autorità civili cittadine.
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La celebrazione presieduta dal vescovo sarà preceduta alle 9 da un'altra messa, celebrata dal vicario generale, monsignor Pasqualino Catenese. Il programma delle celebrazioni - presso la Chiesa di San Giorgio al Corso - prevede, inoltre, una Messa alle 18.30 presieduta dal parroco don Antonio Cannizzaro seguita dalla processione della statua di San Giorgio lungo il corso Garibaldi.
Presso la parrocchia di San Giorgio extra, dopo la messa delle 8 celebrata da monsignor Giorgio Costantino, alle 10 sarà il parroco don Michele D’Agostino ha presiedere la liturgia eucaristica.
A presiedere la messa delle 18.30 sarà, invece, il vicario generale monsignor Pasqualino Catanese. Durante la celebrazione eucaristica sarà conferito il sacramento della Cresima. A concludere la giornata, alle 20.30 la maccheronata del “Cavaliere” per un momento di convivialità e festa.
Quella di oggi è dunque una giornata speciale per la città di Reggio Calabria che festeggia il suo Santo Patrono a cui sono intitolate anche due comunità parrocchiali sul territorio cittadino. Ma in passato erano molte di più.
Le origini dell’antichissimo culto al santo “cavaliere” in riva allo Stretto si possono ricondurre ad epoca bizantina, quando erano consueti movimenti di armati e trasferimenti di popolazioni all’interno dei territori dell’impero. Intorno a Reggio, tra il 587 e il 808 furono dislocati profughi da Patrasso, tra i quali era già diffusa la devozione.
Dopo guerre e battaglie, i soldati in pensione trasportavano culto e immagini dei protettori tra i campi. In tale direzione va considerata la piccola placca in steatite del decimo secolo, conservata al Museo archeologico di Reggio Calabria, proveniente dalla necropoli di Calanna. Di provenienza siriana, raffigura San Giorgio stante, circondato dal nimbo, con lancia, scudo e croce.
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Tra i primi documenti in cui si fa riferimento alla devozione di San Giorgio, la cronaca di Goffredo Malaterra (XII secolo), De Rebus gestiis Rogerii Calabriae et Siciliae comitis et Roberti Guiscardi ducis fratriseius in cui racconta del saccheggio dell’emiro di Siracusa Ben Avert del 1085 alle chiese intitolate a San Nicolò e a San Giorgio.
Il Santo era divenuto il campione dei Normanni dopo la battaglia di Cerami (1083), quando era apparso su un cavallo bianco per condurli alla vittoria. In seguito, la devozione per san Giorgio si diffuse tra luoghi di culto e leggende.
Per i secoli successivi, è documentata la presenza di ben quattro chiese intitolate al santo patrono, come ci ricorda lo storico Renato Laganà, in particolare attraverso le visite pastorali di monsignor D’Afflitto. Una era San Giorgio de Gulferio o Intra moenia (che custodiva la reliquia del santo scomparsa con il terremoto del 1783). L’altra, la chiesetta di San Giorgio della Giudecca che sorgeva in prossimità dell’antico quartiere ebraico (trovata interamente «diruta», nel 1594, dopo l’incendio appiccato dai Turchi nel 1543). Essa era nelle vicinanze della chiesa di Sant’Andrea nell’antica piazza Mesa (oggi via Fata Morgana).
Un altro edificio era la chiesa detta di San Giorgio «de Lagonia», anch’essa distrutta, e della quale era rettore il sacerdote Cristaldo Cosentino, che in essa celebrava messa una volta al mese. L’arcivescovo ne trasferì il beneficio nella Cattedrale e la chiesa «rimaneva abbandonata al pari delle parecchie altre che si vedevano in quel tempo incendiate o dirute a tristo ricordo delle passate incursioni turchesche». L’altra chiesa, sita fuori le mura urbane conserva tuttora il titolo di San Giorgio “extra moenia” o «delle Sbarre».
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