Avvenire di Calabria

Si è celebrata la Giornata nazionale del personale sanitario, socio-sanitario, socio-assistenziale e del volontariato anche in Calabria

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Un momento di riflessione promosso da undici federazione e consigli nazionali degli ordini delle professioni sociosanitarie

di Federico Minniti

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Nei giorni scorsi si è celebrata la Giornata nazionale del personale sanitario, socio-sanitario, socio-assistenziale e del volontariato anche in Calabria. Un momento di riflessione promosso da undici federazione e consigli nazionali degli ordini delle professioni sociosanitarie che coinvolge oltre un milione e mezzo di professionisti.

La testimonianza del personale sanitario tra post pandemia e criticità di sistema

Ne abbiamo voluto parlare anche a Reggio Calabria interpellando chi vive in prima linea la dimensione della corsia. Le voci sono di Francesca Moscato, coordinatrice infermieristica dell'Unità operativa complessa (Uoc) di Ortopedia e Traumatologia del Grande ospedale metropolitano di Reggio Calabria; Vincenza Costantino, infermiera presso l'Uoc di Cardichirurgia del Gom e don Stefano Iacopino, cappellano del Gom.

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Vincenza Costantino, si definisce «infermiera per scelta da più di vent'anni». Un identikit senza fronzoli ribadito dalla sua testimonianza: «La nostra professione vuol dire dedicare la propria competenza lavorativa a colei o colui che ha bisogno».

Proprio sul rapporto infermiere-paziente si sofferma la sua riflessione: «Si tratta di un incontro che non si limita all'aspetto tecnico, ma deve intraprendere un percorso educativo e relazionale». Così l'infermiere, secondo Costantino, si può definire «un professionista a servizio dell'uomo e che - aggiunge - lavora per vocazione senza la quale sarebbe difficile raggiungere i propri obiettivi professionali».

Una connotazione resa ancor più chiara durante l'esperienza della pandemia da Covid-19. Francesca Moscato si racconta: «Nel 2020 sono passata dall'altra parte della barricata, avendo vissuto il Covid come paziente».

Da infermiera a paziente, la storia di Francesca

Di quei momenti Moscato ricorda «il sostegno del personale sanitario nello spronarmi a essere forte davanti a un nemico invisibile». Paradossalmente confida l'infermiera reggina «ho capito in quel momento l'importanza del trattamento assistenziale centrato sulla persona; solo così migliora l'adesione del paziente al progetto di cura». Un'esperienza che «ha segnato il mio cammino professionale e umana».

Francesca Moscato, inoltre, si occupa anche dei futuri infermieri, essendo anche docente universitaria nel Corso di Laurea in Infermieristica inter-ateneo delle università di Reggio Calabria e Catanzaro: «La nostra professione è fatta di conoscenza, competenza, esperienza, intuito e coraggio. Ai ragazzi che intraprendono questa carriera consiglio di curare il paziente guardando la persona secondo scienza e coscienza».


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Accanto al personale sanitario vive quotidianamente la dimensione della corsia. Don Stefano Iacopino, cappellano del Grande ospedale metropolitano, spesso è da supporto proprio nei confronti di chi - ogni giorno - deve mettersi al servizio dell'uomo sofferente.

La solitudine della pandemia

Lo incontriamo durante «il primo inverno del post pandemia: un tempo che ha portato profondo sconforto ed estrema solitudine dentro le mura dell'ospedale sia per quanto riguarda i malati che il personale in servizio».

La sua presenza, lungo i 26 reparti del Gom, ha provato a portare «quella carezza in più che tutti cerchiamo nel momento della sofferenza». Ma come si fa? «Non servono tante parole, ma un cuore libero all'ascolto».

Proprio rispetto all'accompagnamento spirituale dei professionisti della salute, don Iacopino afferma come «oggi sono molto più consapevole dell'importanza del cappellano sui luoghi di cura: anche negli operatori sanitari c'è una ricerca di speranza».

La speranza, valore-guida della cura

La speranza, «il criterio su cui progettare l'assistenza». Una visione che fa superare le tante criticità di tipo procedurale e burocratico: «La speranza interessa tutti, non solo i credenti. Sia il curante che il curato lottano insieme; se il sistema sanitario non fornisce gli strumenti adatti, accanto alle difficoltà del paziente ci sono quelle dei lavoratori».


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Su questo punto, don Iacopino aggiunge: «Dovrebbe essere messo in primo piano non il contenimento della spesa, ma la salute integrale dell'uomo compresa quella psicofisica di chi si trova costantemente in corsia, al pronto soccorso o in sala operatoria».

«In quasi 14 anni di cappellano al Gom - chiosa don Stefano Iacopino - ho incontrato oltre duemila dipendenti. Con tutti c'è un rapporto di stima: in fondo è proprio come una piccola parrocchia. Con loro condividiamo il quotidiano, - conclude - cercando di esserci per loro».

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