I dati sono stati diffusi dalla Camera di Commercio di Reggio Calabria nell'ambito dell'attuale lockdown per l'emergenza Coronavirus
Riaprono 1.600 imprese e si aggiungono alle 33.700 già operative
Redazione Web
22 Aprile 2020
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Dopo il Dpcm 10 aprile 2020, e tenendo conto del codice Ateco prevalente, ulteriori 1600 imprese reggine possono riaprire le proprie attività, aggiungendosi alle oltre 33.700 unità locali (sedi di impresa e sedi secondarie) rimaste attive poiché operative nei settori ritenuti essenziali dai precedenti decreti. Complessivamente rimangono attive più di 35.300 unità locali, pari al 56,8% del totale delle unità produttive della Città metropolitana di Reggio Calabria.
I dati elaborati da Infocamere - Registro delle Imprese ci restituiscono l'immagine di un sistema produttivo operativo così strutturato, per effetto dell'emergenza Covid 19: oltre 9.100 imprese agricole e della silvicoltura; oltre 3.000 imprese manifatturiere, riconducibili per circa il 50% alla filiera agroalimentare; quasi 8.000 esercizi di commercio di prodotti di prima necessità ed oltre 2.000 aziende impegnate nel settore del trasporto, magazzinaggio e logistica, di supporto alla filiera produttiva dei beni di prima necessità.
Continuano ad operare, inoltre, tutte quelle imprese che svolgono attività connesse alla cura ed alla salute delle persone: 511 le attività di assistenza sanitaria e le imprese che erogano servizi di assistenza sociale. Da non trascurare poi il ruolo fondamentale che stanno svolgendo e continueranno a svolgere tutti gli operatori impegnati nei servizi informatici, proprio in un momento caratterizzato da una forte digitalizzazione dei servizi (si pensi solo alle attività delle scuole attraverso il web) e dal ricorso massiccio agli strumenti di smart working; sono circa 1.000 le imprese che erogano servizi per la comunicazione e attività connesse.
Proseguono le attività dei servizi finanziari (quasi 1400 unità produttive), le attività professionali (1363 unità produttive), le attività legate alla filiera degli autoveicoli (quasi 2.200 unità produttive), le opere di pubblica utilità e i servizi di impiantistica (circa 2.400 unità produttive), i servizi di d'interesse pubblico e d'istruzione (circa 500 unità produttive). Rimangono attive anche 248 strutture alberghiere.
Per quanto riguarda le riaperture, l’ultimo DPCM riporta fra le attività consentite la silvicoltura e l’industria del legno, alcune attività del commercio al dettaglio, la manutenzione del verde e alcuni segmenti della metalmeccanica (fra i quali, seppur non in modo esplicito, l’industria dei macchinari agricoli e per l’industria alimentare, come attività di supporto alla filiera agroalimentare).
In termini di occupazione, l’impatto sul territorio metropolitano del lockdown si traduce nei seguenti numeri: 70.893 addetti che possono continuare ad operare, pari al 70,9 % del totale, concentrati prevalentemente nei settori agricoltura, con 17.400 addetti, commercio di beni di prima necessità, con 13.000 addetti, trasporto e logistica con quasi 8.000 addetti, attività manifatturiere, con 5.700 addetti. Significativo anche il numero di addetti impegnati nelle attività di edilizia pubblica e impiantistica (4.900).
Si tratta, è bene precisarlo, di conteggi teorici sia perché le possibili riaperture (a pieno o parziale organico) sono di fatto determinate dalle reali condizioni dei mercati di vendita e di approvvigionamento, sia perché entrano in gioco gli ATECO secondari, le deroghe richieste e non rigettate dalla Prefettura, ma soprattutto le condizioni operative delle aziende: rispetto ai mercati, ma anche rispetto alla questione sicurezza. Che possono indurre al rinvio delle riaperture, o a ripartenze ad organico parziale.
Continuano a restare chiuse, invece, circa 27.000 unità produttive, con circa 29.000 addetti, distribuite prevalentemente tra il commercio (diverso dalle attività consentite), con oltre 10.000 unità locali e più di 10.500 addetti, le costruzioni di edifici privati (3.100 unità locali e 3.200 addetti), alcune attività manifatturiere, quali, ad esempio, la produzione di mobili e di prodotti in metallo, con1.500 unità locali e 2.500 addetti, nonché tutte le attività legate alla filiera del turismo e dei servizi ricreativi (più di 4.000 unità locali e 8.000 addetti).
«L'economia reggina – dichiara il presidente della Camera di commercio Antonino Tramontana – è caratterizzata prevalentemente da produzioni ancora fortemente legate alla tradizione, come l'agricoltura e l'agroalimentare, nonché da servizi pubblici e di utilità generale ritenuti essenziali; possiamo quindi ritenere che l’impatto delle restrizioni disposte dal Governo per contrastare la pandemia avrà una ricaduta negativa considerato anche che la nostra economia ha fragilità strutturali che destano evidente preoccupazione».
«L'esperienza che stiamo attraversando richiede uno sforzo per fronteggiare l'emergenza, e come Camera di commercio stiamo per attivare delle misure di sostegno rivolte a tutte le imprese ma è fondamentale instaurare una proficua collaborazione con gli Enti del territorio per programmare la fase 2 e farsi trovare pronti nel momento in cui il Governo fornirà le indicazioni».
«Serviranno regole certe per le nuove misure di sicurezza per le varie tipologie di attività economiche, sia per consentire una riorganizzazione delle imprese sia per poter fare delle previsioni sugli investimenti che saranno necessari per adeguare le infrastrutture e dotarsi di DPI e conseguentemente sull’ammontare delle risorse economiche necessarie ad assicurare la sostenibilità dell'azienda e la riacquisizione di un buon posizionamento sul mercato. Anche assieme a tutto il sistema delle Camere di commercio saremo impegnati nella ripartenza e soprattutto a rilanciare l’immagine del nostro Paese, puntando sulla promozione del Made in Italy e del turismo».
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