Avvenire di Calabria

Il dato emerge dall'ultimo rapporto sul sistema d'accoglienza in Italia pubblicato da Openpolis

Il sistema di accoglienza dei migranti, tutt’altro che al collasso

L'analisi: «Nel nostro Paese il sistema potrebbe svolgere regolarmente il suo compito, ma continua ad essere gestito in modo emergenziale»

di Redazione Web

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“Il vuoto dell’accoglienza” è il nuovo rapporto nell’ambito del progetto pluriennale Centri d’Italia. L’immagine che ne emerge è quella di un sistema che potrebbe svolgere regolarmente il suo compito, ma che continua a essere gestito in modo emergenziale. I fatti drammatici degli ultimi giorni riaccendono i riflettori sulla questione.

Partenze e arrivi dei migranti, un dibattito riaperto dal naufragio di Cutro

La strage nel mare avvenuta domenica scorsa a pochi metri dalle coste calabresi e le conseguenti dichiarazioni del ministro dell'interno Piantedosi hanno contribuito a tenere alta l'attenzione del dibattito pubblico sulle partenze e sugli arrivi dei migranti, dopo che già all'inizio dell'anno se ne era parlato a proposito del "decreto anti-Ong".


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Tuttavia un elemento che raramente viene considerato nel confuso e spesso poco informato dibattito pubblico sulle migrazioni riguarda un dato di fatto che dovrebbe rappresentare sempre una premessa imprescindibile: il numero di arrivi in Italia e in Europa è legato soprattutto a fattori esogeni come guerre, persecuzioni, violenze, cambiamenti climatici e catastrofi naturali.

Su questo le politiche dei singoli paesi europei, soprattutto se di breve respiro, possono incidere solo marginalmente. Ciò su cui si può davvero incidere attraverso politiche pubbliche nazionali è il modo con cui le persone arrivate si integrano e vengono incluse nella realtà sociale, civile, educativa e lavorativa del nostro paese. Sono questi alcuni degli aspetti che Openpolis ha analizzato attraverso l'indagine "Il vuoto dell’accoglienza" realizzata in collaborazione con Action Aid e Centri d'Italia.

Da inizio 2023, sbarcate in Italia quasi 7 mila persone

Nelle prime settimane di quest’anno (tra il primo gennaio e il 15 febbraio) sono sbarcate sulle coste italiane meno di 7mila persone: 6.834 per la precisione. Un dato in aumento rispetto allo stesso periodo del 2022 (quando furono poco più di 4mila gli arrivi) ma comunque lontano dai primi due mesi del 2017, quando entrarono in Italia via mare oltre 13mila persone.

Siamo di fronte a cifre che descrivono flussi di persone in cerca di una vita migliore in Europa. Numeri certamente non sufficienti per raccontare a pieno storie spesso difficili ma di chi comunque ce l’ha fatta, rispetto alle migliaia di naufraghi che solo lo scorso anno - si parla di più di 3mila persone hanno perso la vita, o sono risultate disperse - hanno trovato la morte lungo le rotte migratorie.

"Il vuoto dell'accoglienza"

Il rapporto di Opepolis presenta «le tendenze di una serie storica ormai consolidata, dal 2018 (l’anno di emanazione del decreto sicurezza) al 2021, in corrispondenza dei primi mesi di attuazione del decreto legge 130 del 2020, la cosiddetta riforma Lamorgese».

Che i dati raccontino gli arrivi dei primi mesi dell’anno, o il sistema dell’accoglienza in Italia nel 2021 – anno oggetto dell’analisi de “Il vuoto dell’accoglienza” – «i fatti - secondo Openpolis -confermano quanto affermiamo da anni: il fenomeno migratorio va considerato ordinario e strutturale, e in quanto tale deve essere governato. Vale a dire che il sistema per l’accoglienza dei migranti che arrivano nel nostro paese, in cerca di asilo o rifugio, deve essere anch’esso ordinario».

Anche in questa sesta edizione del rapporto annuale sul sistema di accoglienza, invece, è «tristemente evidente come l’unico approccio possibile concepito dai decisori pubblici sia quello votato all’emergenza». Nel 2021, infatti, quasi due terzi dei posti nelle strutture di accoglienza del paese erano in centri di accoglienza straordinaria (Cas).

59.466 i posti nei Cas al 31 dicembre 2021, pari al 60,88% dei 97.670 posti complessivamente disponibili. Il sistema straordinario - evidenzia ancora il report - è da anni anteposto a quello ordinario, il sistema di accoglienza integrazione (Sai). Quest’ultimo, infatti, tra il 2018 e il 2021 ha perso addirittura oltre mille posti, nonostante un forte calo degli arrivi e una conseguente perdita di più di 70mila posti nei centri del paese.

Secondo il rapporto, insomma, «si sarebbe potuto approfittare della drastica diminuzione dei numeri nell’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati per rafforzare definitivamente il Sai, garantendo così maggiore inclusione sociale per gli ospiti nei centri, più integrazione con le comunità ospitanti e un’accoglienza più capillare sul territorio». Invece, si legge ancora, «non solo questa strada non è stata affatto battuta, ma i Cas nel tempo sono diventati mediamente sempre più grandi. Non è un caso, infatti, che i centri di piccole dimensioni tra 2018 e 2021 abbiano rappresentato la categoria di centro ad aver perso più posti: ben 23.917».


PER APPROFONDIRE: Naufragio di Cutro, il potere vive sempre la Verità come una minaccia


Questo ha avuto ricadute anche sulla distribuzione dell’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati sul territorio. Meno di un comune su 4 (precisamente il 23,2%) nel 2021 era interessato dall’insediamento di un centro, sia esso di competenza prefettizia (Cas o centri di prima accoglienza) o afferente al sistema di titolarità pubblica (Sai). Le chiusura di migliaia di centri ha portato a una maggiore concentrazione di migranti soprattutto in alcune grandi città metropolitane.

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