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🎧 Nuova puntata di Good Morning Calabria, il podcast della redazione di Avvenire di Calabria.
Mafie e gioco d'azzardo, quando i clan si arricchiscono facendo leva sulle fragilità e le dipendenze: il magistrato reggino Stefano Musolino lo svela la correlazione tra ludopatia e affari criminali
Stefano Musolino, Procuratore aggiunto di Reggio Calabria, da anni è in prima linea della lotta alla criminalità organizzata. Sua la firma ad alcune delle principali inchieste contro la ‘ndrangheta, che hanno portato a numerosi successi investigativi. Musolino ha, inoltre, condotto diverse inchieste di rilievo sul gioco d’azzardo illegale e le sue connessioni con la ‘ndrangheta. Tra queste, l’operazione “Gambling” del 2015 ha portato all’arresto di 41 persone e al sequestro di beni per un valore di 2 miliardi di euro.
Successivamente, nel 2018, Musolino ha coordinato l’operazione “Galassia”, che ha disarticolato un’associazione criminale riconducibile a un noto clan reggino, attiva nel settore delle scommesse illecite online. L’inchiesta ha documentato un giro d’affari illecito di circa 4,5 miliardi di euro, con ingenti guadagni reinvestiti in patrimoni immobiliari e posizioni finanziarie all’estero.
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Nell'intervista esclusiva rilasciata al nostro settimanale, Avvenire di Calabria, il procuratore aggiunto di Reggio Calabria approfondisce le modalità con cui i gruppi criminali continuano ad infiltrarsi nel settore del gioco d’azzardo, analizzandone le dinamiche, le attrattive e le strategie necessarie per arginare un fenomeno sempre più complesso.
Le modalità cambiano costantemente. In passato, i gruppi criminali si frapponevano tra l’utenza finale e il gestore del bookmaker, cercando persino di legalizzare pratiche illegali sfruttando alcune sentenze della Corte di Giustizia Europea, che avevano messo in luce criticità della normativa nazionale rispetto a quella comunitaria. Oggi, lo schema resta quello di inserirsi in questo rapporto, ma approfittano dei limiti imposti al gioco legale, offrendo soluzioni che il nostro ordinamento non consente. La criminalità organizzata risponde così a una domanda di gioco illimitato, che proviene direttamente dal mercato.
Fa gola perché il rischio legale è basso rispetto agli enormi guadagni che si possono ottenere. Il gioco d’azzardo permette di movimentare grandi quantità di denaro contante, che spesso alimentano altre attività redditizie, come l’usura e il traffico di stupefacenti. In questo modo, diventa una sorta di salvadanaio da cui attingere per finanziare ulteriori operazioni criminali.
Sì, spesso abbiamo rilevato che chi gestiva attività di gioco illegale era coinvolto anche in altre condotte, come l’usura o il narcotraffico. I numeri parlano chiaro: si tratta di giri d’affari che possono arrivare a milioni di euro, come confermato anche dai collaboratori di giustizia. Alcuni di loro hanno descritto un rapporto con il denaro completamente fuori controllo, drogato dall’enorme disponibilità economica che il sistema genera.
Esattamente. Il sistema illegale risponde a una domanda del mercato, spesso legata a fenomeni come la ludopatia. Purtroppo, la dipendenza dal gioco crea una richiesta costante e fuori dai canoni legali, e la criminalità organizzata sfrutta questa situazione. È un circolo vizioso in cui l’illegalità alimenta e soddisfa un bisogno insano.
Dalla mia esperienza, posso dire cosa non funziona: la logica proibizionistica. Impedire ai player del mercato legale di soddisfare le richieste reali crea terreno fertile per l’illegalità. Inoltre, spesso manca chiarezza nelle regole, rendendo difficile pianificare strategie imprenditoriali. Un altro grande limite è l’assenza di assistenza solidale: curiamo gli effetti della ludopatia, ma non le sue cause. Se investissimo risorse nella prevenzione, invece che limitarci alla repressione, potremmo ottenere risultati migliori. È necessario un approccio più completo, che combini regolamentazione, prevenzione e supporto alle persone colpite da questa dipendenza.
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