Morire in carcere: i Garanti territoriali lanciano un accorato appello
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«Probabilmente il mio nome non le dirà niente perché ci siamo conosciuti, insieme a tante altre persone, nel triste e desolato posto che è il carcere, dove lei, puntualmente, veniva a trovarci e a portarci la sua calorosissima parola di sollievo di cui tanto avevamo bisogno». Inizia così una lettera arrivata in redazione pochi giorni fa.
È indirizzata a monsignor Giuseppe Fiorini Morosini, amministratore apostolico di Reggio Calabria - Bova, che sabato lascerà la guida dell'arcidiocesi nelle mani dell'arcivescovo eletto, monsignor Fortunato Morrone.
L'uomo che scrive a Morosini ha scontato la sua pena, ma appresa la notizia «della sua partenza da Reggio Calabria» (in realtà il minimo resterà in città, nel convento presso la parrocchia "San Francesco di Paola" a Catona, ndr), ha voluto prendere foglio e penna per ringraziare il presule: «Le sue parole, che solo una persona di fede e grande carisma come lei ha saputo trovare, sono entrate nel nostro cuore facendoci capire che il buio di quel momento sarebbe diventata luce radiosa se solo avessimo cercato e invocato la benedizione del Signore che non abbandono mai i suoi figli, specialmente quando si trovano in difficoltà».
L'ex detenuto continua raccontando il suo stato d'animo dentro le mura carcerarie: «Ti senti solo, abbandonato, privato della dignità. Eccellenza, lei ci ha portato conforto tutte le volte che è venuto in carcere a trovarci; ci ha aiutato ad affrontare momenti buoi. Possiamo dire che, grazie a lei, abbiamo incontrato il Signore e metterlo al centro della nostra esistenza».
Poi le conclusioni: «Vogliamo ringraziarla, di non essersi dimenticato di noi, di averci abbracciato nella sofferenza, di averci regalato momenti di puro sollievo, di averci indicato la strada del ravvedimento e dell'amore di Dio».
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