Avvenire di Calabria

Tanti gli spunti nell'intervista che il Pastore della comunità diocesana di fondazione paolina ha rilascita alla rivista edita da Periodici San Paolo

Una Chiesa “generativa”, il vescovo Morrone racconta la diocesi reggina al mensile Vita Pastorale

Dal dialogo con i giovani ai cantieri della passione politica: le sfide e i segni di speranza di un episcopato attento al presente

di Redazione Web

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Una Chiesa «che genera vita, e vita umana, se si è disposti a consegnare gratuitamente agli altri, con creatività, quanto gratuitamente abbiamo ricevuto», è quella che emerge dalle parole di monsignor Fortunato Morrone, intervistato da Elisa e Marco Roncalli nel numero di marzo 2025 della rivista mensile "Vita Pastorale", edita da Periodici San Paolo.

Il vescovo Morrone a Vita Pastorale: diocesi che cammina insieme

A quasi quattro anni dal suo ingresso in diocesi, l’arcivescovo Morrone ripercorre, sul mensile Vita Pastorale, un cammino iniziato in piena pandemia, dentro un contesto ecclesiale segnato da ferite ma anche da fermenti vivi: «Sì, ho visitato tutte le parrocchie, la maggior parte più volte. [...] Le nostre comunità sono ancora un punto di riferimento sociale e culturale, oltre che caritativo per i meno abbienti».



Morrone sottolinea la «vivacità» della Chiesa reggina, favorita anche dall’apporto dei laici e da istituzioni come «l’Istituto teologico e il Seminario San Pio XI, l’ISSR “Mons. Zoccali”, l’Istituto di formazione politico-sociale “Mons. Lanza”, il Museo, l’Archivio diocesano, la Biblioteca “Mons. Farias”».

Prossimità e accoglienza

Tra le priorità indicate, spicca il tema della prossimità, che si declina nell’attenzione ai migranti e ai giovani: «Sì. Ma prossimità nei confronti di tutti, adulti e giovani, relazionandomi con semplicità, vivendo da vescovo con stile da parroco», racconta ancora il vescovo Morrone al mensile Vita Pastorale.


PER APPROFONDIRE: Le tre “P” di Prevost. La riflessione dell’arcivescovo Morrone


Emblematica in tal senso - viene spiega - è l’esperienza del cimitero di Armo, dove, come racconta Morrone, «si è realizzato uno spazio per dare degna sepoltura ai poveri e ai migranti annegati al largo delle nostre coste». È un luogo, aggiunge, dove «si fa memoria delle tragedie in mare e si educano le nuove generazioni di questa terra all’accoglienza».

Giovani e futuro

Per dare futuro ai giovani, la diocesi scommette su percorsi di valorizzazione delle competenze e del territorio, ancora le parole del presule: «Puntando sulle tre università calabresi o con percorsi diocesani come Job in Progress, per dare gambe ai loro sogni, cui si è affiancato “Hub Porto” che punta sulla dimensione formativa per la progettazione e la capacità di individuare finanziamenti nazionali o europei, educando a lavorare insieme».

Dal dialogo tra il vescovo Morrone e i giornalisti di Vita Pastorale emerge anche un’analisi sincera della religiosità popolare: «In generale è una fede “religiosa” che si manifesta soprattutto nelle feste patronali, dove emerge il senso di appartenenza alla propria comunità sociale». Ma esiste anche una fede più profonda: «Questa fede, non necessariamente dei praticanti, ha radici profonde nella nostra Chiesa e continua a dare frutti di speranza in molti uomini e donne che vivono la bellezza del Vangelo nella semplicità del quotidiano familiare, educativo, lavorativo, sociale, politico, amministrativo».

Il cammino sinodale

Il cammino sinodale, avviato in diocesi con coraggio, ha dato vita a nuovi spazi di dialogo: «Con sorpresa ho avvertito come un’attesa che qualcuno li mettesse insieme a progettare in merito ai problemi comuni». Da qui sono nati i “cantieri della passione politica”, dove la Chiesa incontra amministratori locali per lavorare insieme a una comunità «accogliente, capace di valorizzare la bellezza che ci circonda».



Da presidente della Conferenza Episcopale Calabra, Morrone conferma l’unità tra i vescovi della regione: «Ci si vuole bene. Siamo attualmente “12 teste” che lavorano in aree pastorali diverse». E sulla lotta alla criminalità: «Sulla condanna della mafia la Cec si è espressa più volte e con chiara determinazione prima della mia presidenza».

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