Avvenire di Calabria

Conclusa a Benevento la due giorni (30 e 31 agosto) che ha visto confrontarsi i presuli delle Aree interne del Paese

Vescovi delle aree interne: «Le periferie, laboratorio di idee»

L'auspicio. «Opera tutti insieme per il bene del territorio con stile sinodale»

di Redazione Web

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Il 30 e 31 agosto si è svolto a Benevento, presso il Centro “La Pace”, l’Incontro dei Vescovi delle “Aree interne” a cui hanno partecipato oltre 30 presuli provenienti da 12 Regioni, tra cui l'arcivescovo metropolita di Reggio Calabria - Bova e presidente Cec, monsignor Fortunato Morrone, accompagnato dal Vicario episcopale per il laicato, la famiglia e il lavoro della diocesi reggina, don Francesco Megale. Al termine dei lavori, i Vescovi hanno condiviso una dichiarazione finale..

Come Vescovi provenienti da tutto il Paese, riuniti a Benevento per riflettere sui criteri di discernimento con l’obiettivo di elaborare una pastorale per le Aree interne, «ringraziamo anzitutto il Signore per l’esperienza di comunione vissuta: questi giorni ci hanno aiutato a conoscerci meglio e a stabilire relazioni più fraterne tra noi, a fare esperienza di sinodalità, a “crescere nel servizio alla comunione”, “tutti insieme, in unità e senza campanilismi”, come ci ha chiesto, nella sua lettera, Papa Francesco». È quanto si legge nel documento finale della due giorni.


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Le Aree interne costituiscono una larga porzione del Paese, accomunata da alcune criticità, depositaria di straordinarie ricchezze e tuttavia diversificata. Per i presuli in cui hanno sede le loro diocesi, «sono, per analogia, come la piccola Nazareth, marginale, eppure custode della realtà più preziosa. Non ci rassegniamo ad accompagnarle alla fine, in una sorta di accanimento terapeutico, ma vogliamo costituirci baluardo, forza per difenderle, dando vita a reti solidali capaci di attivare sinergie. Chiediamo alla politica interventi seri, concreti, intelligenti, ispirati da una progettualità prospettica, non viziata da angusti interessi o tornaconti elettorali: in tal senso, qualora entrasse in vigore l’autonomia differenziata, ciò non farebbe altro che accrescere le diseguaglianze nel Paese; come comunità cristiana vogliamo crescere nella consapevolezza e nella partecipazione».

I vescovi: «Le aree interne rivendicano attenzione»

Molte le questioni poste sul tappeto, alle quali - proseguono i vescovi delle Aree interne - non è stato possibile dare adeguate risposte. «Ci è chiesto, in ogni caso - si legge ancora nel documento finale - il coraggio di uscire da schemi ormai sclerotizzati, di rompere con la logica del “si è sempre fatto così”, per ripensare il rapporto tradizione/innovazione, disponibili ad ascoltare la voce dello Spirito, a restituire il primato effettivo alla Parola di Dio e all’annuncio del Vangelo, anche per meglio integrare una pastorale sovente sbilanciata sull’ambito cultuale e liturgico».

Nel documento si afferma ancora: «Dobbiamo, in tal senso, ripensare l’esercizio del ministero presbiterale e promuovere con decisione il sacerdozio comune di tutti i battezzati, una ministerialità diversificata e responsabile, la valorizzazione del diaconato permanente, le forze del laicato, quello femminile in particolar modo, che costituisce una parte consistente del tessuto delle nostre comunità, senza dimenticare eremiti e comunità monastiche, che nelle Aree interne più isolate sono la forza segreta che mantiene in vita tante energie. Dobbiamo soprattutto puntare sulla qualità delle relazioni, perché è di questo che c’è estremo bisogno. La presenza numerosa degli anziani costituisce, in queste nostre realtà, un patrimonio di umanità e di esperienze di vita che va assolutamente valorizzato».

Per i vescovi delle aree interne, inoltre, «i flussi migratori possono costituire un’opportunità per ravvivare molte realtà soggette a un decremento progressivo della popolazione, ma è necessario affinare sempre più la disponibilità all’ascolto, ad assumere, nel rispetto della legge, logiche inclusive, non di esclusione».

Chiesa, presenza viva delle periferie

I vescovi delle aree interne ribadiscono inoltre l'importanza della presenza della Chiesa nei territori periferici: «La Chiesa non vuole abbandonare questi territori, senza per questo irrigidirsi in forme, stili e abitudini che finirebbero per sclerotizzarla. In tal senso c’impegniamo ad aiutare i nostri giovani che vogliono restare, cercando di offrire loro solidarietà concreta, e c’impegniamo ad accompagnare quelli che vogliono andare, con la speranza di vederli un giorno tornare arricchiti di competenze ed esperienze nuove».


PER APPROFONDIRE: Tempo del Creato, il messaggio dei vescovi europei


Il documento si chiude così: «Sentiamo risuonare, viva, la voce del profeta: “Sentinella, quanto resta della notte? Sentinella, quanto resta della notte?” (Is 21,11). Risponde l’Apostolo: “La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce” (Rm 13,12). Alla Chiesa, a noi stessi in primo luogo, alla società, alla politica, chiediamo di prendere sul serio tale esortazione. Le Aree interne, dove la vita non vuole morire, possono divenire un laboratorio d’idee, una risorsa viva, un tesoro straordinario per tutto il Paese: sta a noi, tutti insieme – pastori, comunità cristiana, società civile, politica –, far sì che tale auspicio diventi realtà».

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