Avvenire di Calabria

Violenza a firme alterne

Quando un crimine è commesso da immigrati e quando da italiani

Paolo Bustaffa

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“Tre ragazzi hanno picchiato selvaggiamente un italiano che li aveva rimproverati sul treno. Anche i tre sono italiani”. Così si leggeva su un giornale nazionale poco dopo la brutale aggressione avvenuta il 1° dicembre a Monza sulla linea Lecco-Milano e conclusasi senza irrimediabili conseguenze per l’intervento di un agente della Polizia di Stato. È un episodio che si aggiunge a molti altri in una catena che scorre stridendo nella quotidianità raccontata dai media.

 
Triste ammetterlo ma siamo arrivati al punto di opporre a un gesto criminale compiuto da stranieri un gesto criminale compiuto da italiani con il non nobile intento di bilanciare le responsabilità del male.
Come è stato possibile scendere così in basso nel pensare e nel giudicare? Quale dimensione educativa ha il contrapporre un male all’altro nel tentativo di spostare da una parte all’altra un consenso politico?
 
È da tempo che su questo terreno l’opinione pubblica sta segnando il passo non rendendosi conto che si tratta di un esercizio senza via d’uscita e che contribuirà a rendere più rancorosa una società che ha visto e vede crescere il tasso di risentimento, di cattiveria, di indifferenza.
Non è possibile che per mandare in pareggio la partita del male si attenda che a un crimine con una firma ne segua un altro con firma diversa. Non può essere questa la strada verso il futuro che gli adulti indicano ai figli e ai nipoti. Chi ha responsabilità educativa – molta ne hanno anche gli uomini e le donne della politica e delle istituzioni – deve dapprima rivolgersi alla propria coscienza. E qui si aprono le domande più difficili: che cosa rimane della coscienza, qual è il suo significato, qual è il compito che le viene assegnato?
 
L’impressione è che la coscienza sia “qualcosa” che ognuno si costruisce nel proprio laboratorio o in quello del piccolo gruppo di appartenenza. In questi luoghi non si affaccia mai la verità perché porte e finestre sono sbarrate. La verità è troppo scomoda, troppo fastidiosa e troppo inquieta.
Ma senza la passione per la verità c’è il rischio che si continui a stendere un bilancio delle responsabilità a firme alterne in attesa che il saldo sia a favore dell’una o dell’altra parte. Non può essere questa la risposta al male, alla violenza, alla fuga dalla responsabilità. Occorre dirlo con fermezza: queste non sono strade da percorrere, questi non sono orizzonti a cui tendere. Le nuove generazioni chiedono a quelle adulte se, per crescere in umanità, ci sia bisogno di silenziare il male se ha una firma e di urlare il male se ne ha un’altra.

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