Non c’è fumus persecutionis, la bagarre a Palazzo Madama non evita ad Antonio Caridi l’autorizzazione a procedere con la misura di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria nel merito delle conclusioni indiziarie della locale Procura distrettuale antimafia nell’ambito dell’inchiesta “Mammasantissima”. Il Senato si è pronunciato con 154 favorevoli, 110 contrari e 12 astenuti a scrutinio segreto. Una giornata campale per il Parlamento che ha visto un primo “colpo di scena” con la richiesta del Presidente Grasso di invertire i punti all’ordine del giorno, partendo dunque proprio dalla relazione della Giunta per le immunità sulla vicenda che ha coinvolto il senatore di Gal, Caridi. Le richieste di sospensiva, giunte dal centrodestra, sono tutte cadute dinnanzi ad un Pd compatto che ha confermato la pronuncia dell’organismo presieduto dal senatore Dario Stefano. La discussione in Aula, però, ha lanciato più di un’ombra sulla tenuta della pubblica accusa per via delle controprove fornite dai legali di Caridi. Su tutti un’incongruenza rispetto ad un incontro tra il Caridi e “Paolone” Caponera, uomo dei De Stefano, nel 2007. In quell’anno però il Caponera risultava già domiciliato presso le patrie galere. Si passa a rassegna la storia recente di una regione, la Calabria, e dei pool antimafia che - dal 1997 - hanno seguito passo dopo passo, il percorso politico di Caridi dalle prime elezioni alle interrogazioni parlamentari, secondo l’accusa sempre sotto l’egida del proprio dante causa coi clan, l’ex deputato del Psdi, Paolo Romeo. Da Pignatone a De Raho, una vicenda complessa che solo oggi trova un quadro definito nella tesi del sostituto procuratore, Giuseppe Lombardo. Si è lanciato nell’autodifesa, Antonio Caridi che, intervenendo, ha provato ad evitare la misura preventiva in carcere. «Accusa sconvolgente ed ingiusta; - ha detto Antonio Caridi riferendosi agli atti dell’ordinanza di custodia cautelare - sono innocente. Non ho mai stipulato patti con il crimine organizzato, non ho mai svenduto il mio ruolo». Ma la parola “fine” per l’esperienza parlamentare e per la libertà personale - al momento - dell’ex assessore alle Attività Produttive della Regione Calabria la scrive la dichiarazione di voto del Partito Democratico, col capogruppo Zanda che rimanda alle considerazioni nel merito dell’indagine all’iter processuale. L’accusa per Caridi è pesantissima: essere il “braccio operativo” della Santa, la cupola della ‘ndrangheta unitaria. C’è dibattito in aula la “fumosità” del concorso esterno contestato a Caridi è fatto ben diverso all’intraneità al progetto criminale i cui vertici riconosciuti sono gli avvocati Paolo Romeo e Giorgio De Stefano, sostengono gli scranni del centrodestra. Ma dagli esponenti del Movimento Cinquestelle arriva la sottolineatura che il Senato si stia pronunciando - in questa seduta - sulla richiesta a procedere con il reato più grave mai contestato prima ad un senatore della Repubblica: l’essere parte integrante della criminalità organizzata. Caridi potrà provare la sua innocenza, senza le guarentigie dell’immunità parlamentare. Nella serata si è consegnato, accompagnato dal suo legale, al carcere di Rebibbia. Fra dieci giorni sarà di fronte al giudice del riesame: il Tribunale della Libertà dovrà - nuovamente - pronunciarsi sulla sua detenzione in carcere oppure agli arresti domiciliari.