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Il 31 gennaio la Chiesa, oltre a commemorare la festa di san Giovanni Bosco, ricorda anche Papa Benedetto XVI nel trigesimo del suo ritorno tra le braccia calorose del Padre. Ciò che accomuna queste due grandi figure non è solo la data del 31 dicembre, ma anche la forte passione educativa. La predilezione e l'impegno a favore dei giovani, che sono caratteristica del carisma di Don Bosco e la sollecitudine per la crescita, il futuro e il bene delle nuove generazioni del Papa.
Di Benedetto XVI in questi giorni si è molto scritto sulle sue qualità umane, sulla sua cultura, sul suo pensiero filosofico, sulla sua teologia sui suoi insegnamenti dottrinali, sulla sua spiritualità.
Si è scritto molto, comunque mai abbastanza, rispetto al patrimonio umano e spirituale che questo santo dottore della chiesa “in pectore” ha lasciato, non solo alla Chiesa, ma all’umanità intera. Poco si è scritto sul pensiero pedagogico di papa Ratzinger, che a ragione può essere considerato il papa dell’educazione. Infatti dall’aprile 2005 a febbraio 2013, si possono contare ben più di un centinaio di interventi maggiori e minori sull’argomento, con i quali si è rivolto ai giovani, agli studenti, agli educatori, alle istituzioni educative ed al mondo della scienza. Chiaramente l’ottica del Papa non è pedagogica ma strettamente religiosa, in vista della comunicazione della fede, ma è interessante che lo abbia fatto appellandosi all’azione educativa con tutte le sue implicanze umane.
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Nel cuore degli educatori certamente hanno posto la “Lettera alla Diocesi di Roma sul compito urgente dell’educazione”, del 21 gennaio 2008, ed il Discorso alla Conferenza Episcopale Italiana, del 27 maggio 2010, in occasione della sessantunesima Assemblea Generale, dove si possono trovare alcune indicazioni, semplici e concrete, sugli aspetti fondamentali e comuni dell'opera educativa. Papa Benedetto è consapevole che «educare non è mai stato facile ed oggi sembra diventare sempre più difficile» , tuttavia nonostante le difficoltà «non possiamo dunque non essere solleciti per la formazione delle nuove generazioni, per la loro capacità a orientarsi nella vita e di discernere il bene dal male». Molto bene elenca una sequenza differenziata di richieste, che descrivono il malessere pedagogico, ma anche il desiderio di farvi fronte, dal punto di vista dei ragazzi ,«che non vogliono essere lasciati soli di fronte alle sfide della vita; dei genitori, in quanto «preoccupati e spesso angosciati per il futuro dei propri figli»; degli insegnanti, che vivono l’esperienza del «degrado delle loro scuole»; della società, «che vede messe in dubbio la base stessa della convivenza».
Il richiamo, «non possumus», di Benedetto XVI, sull’emergenza educativa e per una pedagogia del cuore è un grido profetico di denuncia di conversione, non una previsione tragica del futuro, per arrivare ad una decisione risolutiva. Non è assolutamente un invito a buttare la spugna, ma il desiderio e una richiesta accorata ad affrontare la grave crisi pedagogica con maggiore slancio e dedizione. «È un grido di risveglio di fronte ad un fenomeno che rischia di far assopire le coscienze e che invece esige la consapevolezza di una risposta indifferibile», commenta il cardinal Saraiva.
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Papa Benedetto XVI è stato un grande difensore della causa dell’educazione, fino all’ultima commovente udienza dove, ancora una volta, ci ha insegnato che l’educazione ha uno e un solo metodo, quello della testimonianza della fede che sola avvalora l’autorevolezza educativa. «Ci affidiamo dunque, tutti insieme, a Colui che è il nostro vero e unico Maestro, per impegnarci insieme a Lui, con fiducia e con gioia, in quella meravigliosa impresa che è la formazione e la crescita autentica delle persone».
*educatore e docente di Pedagogia Religiosa presso l’ISSR
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