Due modi diametralmente opposti di vivere (e comunicare) le ultime ore di campagna elettorale in vista del ballottaggio per l'elezione del sindaco di Reggio Calabria tra i due sfidanti Minicuci (Cdx) e Falcomatà (Csx). Da un lato, Nino Minicuci - che durante il primo turno è stato ribattezzato «l'uomo del Ponte» (slogan coniato da Matteo Salvini in occasione della presentazione della sua candidatura) - ha rispolverato un vecchio refrain berlusconiano, firmando un "Grande Patto" per Reggio Calabria in cui ha elencato i dieci impegni che proverà a mantenere nei primi 180 giorni di governo, al netto di «imprevisti» come lo stesso burocrate prestato alla politica ha detto nel corso di una conferenza stampa turbolenta.
Ma andiamo con ordine. Gestione rifiuti, piano strade, illuminazione pubblica, decentramento amministrativo con il ritorno ai municipi, dismissione patrimonio edilizio e condono edilizio, sblocco cantieri e trasferimento funzioni alla Città Metropolitana sono soltanto alcuni dei temi inseriti da Minicuci nel suo accordo coi reggini.
Poche le domande concesse ai cronisti presenti; tanta la confusione sul finale "risolta" dall'intervento di Francesco Cannizzaro, angelo tutelare di Minicuci in questa campagna elettorale, che ha messo qualche toppa nel nome della «tensione del momento».
Altro tenore, altre scelte, quelle di Giuseppe Falcomatà. Il sindaco uscente sta continuando il suo tour incessante tra quartieri, movimenti e associazioni per recuperare terreno. Lo ammette lui stesso nel corso di una riunione notturna presso il suo Comitato in Via Arcovito, in cui non nasconde la preoccupazione, invitando i suoi a «consumare le suole delle scarpe». Da un lato, quindi, il tentativo di mettere in atto una prova muscolare di «resistenza» come la definiscono gli uomini più vicini a Falcomatà, dall'altra la volontà di usare toni cordiali come accade sulla pagina Facebook del primo cittadino che stamane ha aperto con l'immagine di Falcomatà coi suoi due figli in riva al mare dello Stretto.
«Amo la mia città perché sono orgoglioso del posto in cui sono nato e perché è qui che vorrei crescere ed educare i miei figli. Amo la mia città - ha scritto il sindaco uscente - perché anche se abbiamo fatto tanti errori, se alcune cose potevano essere fatte meglio ed altre prima, abbiamo dato tutto il nostro meglio per difenderla e onorarla. Amo la mia città perché i reggini sono persone oneste, laboriose, accoglienti, di cuore. Ed è questa la cosa più bella di una città: le persone che la abitano».
Difficile pronunciarsi su dove penda l'ago della bilancia. Il primo ballottaggio della storia sta regalando alla Città anche uno strano, unico e paradossale, equilibrio. Quantomeno ad urne chiuse. Una cosa è certa: all'indomani dell'elezione, di qualsivoglia sindaco, si dovrà provare a ricostruire il tessuto sociale di una Reggio che, oggi, appare lacerata.