Avvenire di Calabria

L'analisi del direttore diocesano di Reggio Calabria, don Antonino Pangallo

Caritas e Coronavirus, imprescindibile la missione ecclesiale

Antonino Pangallo

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Nei momenti difficili, il ritorno al Vangelo fiorisce in una vita spirituale intensa, nell’opera di evangelizzazione e nell’impulso di carità. Su questa via credo sia il caso di camminare per il prossimo anno. La pandemia che stiamo ancora vivendo è scuola di vita, occasione di discernimento autentico.

Il 2 gennaio, l’Osservatore Romano pubblicava un editoriale di Monda. L’autore annotava: «Un cambio di passo; di questo c’è bisogno per varcare la soglia di un tempo inedito. Chi si ostinerà a camminare come faceva prima rimarrà rigido di un rigor mortis, chi invece riconoscerà che la crisi è giunta e scompigliandoci ci ha segnati tutti, senza distinzioni, allora vivrà».

Come Caritas ci sentiamo fortemente interpellati dal 50esimo di fondazione.

Ci rendiamo conto che tanta strada è stata fatta, ma ancora il cammino è lungo. A volte rischiamo di tornare indietro e di vedere ridotta la solidarietà a gesto episodico e assistenzialistico se non sganciata dalla missione ecclesiale, quasi fosse un di più facoltativo.

La solidarietà è uno stile di vita evangelico che sa prendersi cura dell’altro, chiede di essere vissuta nella carità di Cristo come ha scritto Papa Francesco: «La solidarietà esprime concretamente l’amore per l’altro, non come un sentimento vago, ma come «determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno perché tutti siamo veramente responsabili di tutti». Su questa linea, la solidarietà deve essere sganciata assolutamente da una visione moralistica ed assistenzialistica, per essere colta come espressione della virtù teologale della carità.

Le tre virtù teologali (fede, speranza e carità) non possono essere separate, senza il rischio di ideologizzare l’evento cristiano. È necessario un cambio di passo.

Per una ripartenza che non lasci indietro nessuno, in Caritas sentiamo la necessità di ripartire dalle Caritas parrocchiali, ascoltarle, e valorizzare il loro ruolo di organismipastorali, essenziali per l’ intera comunitàparrocchiale. È vitale ritornare ad un monitoraggio del servizio dei centrid’ascolto, per non ridurre

tutto alle risposte che soddisfano il bisogno alimentare, incentivando invece processi di presa in carico globale dei poveri incontrati. I poveri non sono numeri, ma vite che interpellano altre vite.

La Caritas diocesana, nell’attivare alcuni servizi di prossimità, che sono sempre più necessari, rischia di essere confusa con gli enti del Terzo Settore. Alla luce della Riforma di quest’ultimo, è necessario predisporre un quadro nuovo di gestione per l’esistente e per quelle Opere Segno che nasceranno in futuro. Non possiamo improvvisare, ma neanche rimanere fermi.

Infine altro monito, sempre l’autore dell’editoriale citato, commentando l’episodio biblico della lotta di Giacobbe, segnala una “spia” che indica se si sta facendo il cambio di passo: «È il nostro rapporto con i fratelli; nel momento della crisi la via d’uscita è quella di chiedere la forza a Dio per aprirsi agli altri, prendersi cura dei fratelli spezzando le catene del vittimismo e del narcisismo. Saremo curati se ci prenderemo cura degli altri. C’è un guado da attraversare davanti a noi e lo si può fare ma solo se siamo pronti a questo doloroso e vitale cambio di passo».

* Direttore Caritas Rc

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