Avvenire di Calabria

Chi e cosa ha ucciso il baby-rapinatore Ugo, per davvero?

Don Maurizio Patriciello ha pubblicato una riflessione sul fatto di sangue che sta inquietando il Paese

Maurizio Patriciello

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Breve come il tuo nome è stata la tua vita, Ugo. Quindici anni per sempre, un leggero battito d’ali, un sussurro appena. Quasi la stessa età del venerabile Carlo Acutis. Sono certo che in paradiso Carlo ti sarà venuto incontro, magari ti avrà spiegato che nessun uomo ha il diritto di fare male a un altro uomo, ma solo il dovere di amarlo.

Che ti è successo, Ugo? Dov’è che si è inceppato il processo educativo cui avevi diritto? Per favore aiutaci a capire, da soli rischiamo di girare a vuoto, di ripetere le solite, insopportabili, frasi a effetto, a fare e farci inutilmente male. Vogliamo andare a fondo, scavare nei meandri del mondo giovanile, della camorra napoletana, della delinquenza minorile, perché la tua morte non sia vana. Per poter tendere una mano ai tanti ragazzini di Napoli e dintorni che domani notte usciranno di casa con la pistola in tasca per commettere lo stesso inaudito errore che hai commesso tu. Credimi se ti dico che in tante case della nostra città si sta piangendo la tua scomparsa.

Domenica, in chiesa, abbiamo pregato per te, per la tua famiglia, per il giovane carabiniere che ti ha colpito, anch’egli vittima di questa vicenda assurda. La tua morte, purtroppo, non ha niente di eroico e questo ci fa male. Tu non hai dato la vita per salvarne un’altra. Tu avevi intenzione di derubare un giovane e quest’ultimo si è difeso. La magistratura dirà se in modo legittimo o esagerato. La tua è stata una morte tragica sotto ogni punto di vista. Chi ti aveva messo in mano quell’orribile pistola, Ugo? Avevate, tu e chi era con te, agganci con “amici” più grandi di età? Nessuno ti aveva detto, Ugo, che rapinare, oltre a essere un peccato grave, è un reato che può costare caro?

Nessuno ti aveva mai parlato del carcere minorile dove finiscono i ragazzi che come te cadono nella trappola della delinquenza? Qualcuno ti aveva avvertito dei pericoli nascosti in ogni azione disonesta? A quindici anni la vita è tutta da scoprire. È bella, unica, preziosa, ma anche tanto fragile, la vita che, purtroppo, tu hai potuto assaporare appena. La tua famiglia, alla notizia che eri volato via, ha sfasciato il Pronto Soccorso dell’ospedale dove medici e infermieri avevano fatto di tutto per salvarti. Atti illogici, violenti, inutili, stupidi, dannosi.

Risultato: strumenti indispensabili per diagnosticare e curare malattie rovinati, personale ospedaliero impaurito, pazienti terrorizzati. Queste cose non si fanno. Per queste azioni blasfeme non ci sono né ci potranno essere giustificazioni. Una doppia orribile pagina di cronaca è stata scritta quella notte. Credo che anche tu, Ugo, da lassù, sei rimasto orripilato da tanta gratuita brutalità. I napoletani sono stanchi di queste sceneggiate oscene. I napoletani non sono camorristi, anche se tanti camorristi sono napoletani. E sono stufi di essere associati a loro. I napoletani sono le prime vittime di questo cancro maligno che continua a rovinare e insanguinare la città. Come sarebbe bello, Ugo, se tutti insieme ci dessimo da fare per tornare alla normalità. Come sarà bello il giorno in cui la gente potrà passeggiare per la città senza correre il rischio di essere rapinata, o addirittura uccisa per errore, durante una sparatoria tra clan rivali, come accadde alla tua coetanea, Annalisa Durante.

Abbiamo bisogno di sognare il giorno in cui i ragazzini si comporteranno da ragazzini senza scimmiottare i gesti e gli atteggiamenti del boss del suo quartiere. Dobbiamo affrettare il giorno in cui sottoscrivere un’alleanza vera tra genitori, scuola, chiesa, adulti responsabili, società civile e politica. Per il bene dei ragazzi come te.

Con le lacrime agli occhi e il cuore a lutto, mi domando: chi ha ucciso Ugo? A sparare, è vero, è stato il carabiniere che avrebbe voluto derubare. Ma la vita di questo quindicenne cresciuto troppo in fretta è stata falciata da chi aveva precisi doveri verso di lui e non li ha adempiuti. Ognuno, allora, abbia il coraggio di fare l’esame di coscienza. A cominciare da chi scrive, passando per la sua famiglia, il suo quartiere, la sua scuola, la sua città. Ugo, sia questo ragazzino l’ultima vittima che Napoli è costretta a piangere. Addio, Ugo. Addio, piccolo uomo.

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