Avvenire di Calabria

Il presidente Raffa racconta cinque anni di vita amministrativa: «Felice per la simbiosi con tutto il territorio»

«Città metropolitana, sistema nato male»

Federico Minniti

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Palazzo Alvaro è deserto. I tetti altissimi della sala di Giunta si tingono di grigio, a causa del cielo plumbeo fuori dai finestroni su Piazza Italia. Troviamo un Peppe Raffa disponibile a fare insieme a noi gli “scatoloni”. Sono gli ultimi giorni da presidente della Provincia. Con lui si chiude la storia dell’Ente. Prova a scherzarci su. «In realtà non so ancora il giorno esatto in cui terminerò».

Forse per questo qualcuno la considera incollato alla “poltrona”.

«La legge in materia prevede, nell’appendice specifica per Reggio Calabria, una proroga di duecentoquaranta giorni. Sono diventanto “scomodo” solo perché non ho voluto agire contro–legge».

Una condizione di “inviso” che in realtà ha già vissuto, nel 2010. Un tempo finito sotto la lente della Procura.

«Personalmente ho massima fiducia nella magistratura e non è una frase di circostanza. C’è però un aspetto politico che ha segnato quello “spartiacque”».

Un periodo, quello da facente funzioni, ricco di conflittualità e denunce. Come quelle sull’assenteismo.

«Si è superato un malcostume purtroppo insito nella Pubblica amministrazione, però, da quanto apprendo, questo procedimento rischia l’archiviazione».

Una fine diversa dal “Caso Fallara”, scaturito dal suicidio dell’allora dirigente alle Finanze del Comune.

«È stato un episodio che ha segnato la nostra comunità. Ricordo benissimo che eravamo entrambi molto provati il giorno in cui le ho dovuto comunicare la sospensione dal servizio. Indubbiamente è un’esperienza che umanamente mi ha segnato molto».

Da lì, nacque una bagarre politica intestina al centrodestra senza precedenti.

«Un percorso molto conflittuale con un vero e proprio ammutinamento fuori luogo».

Poi le elezioni provinciali del 2011. Anche questo sembra essere un passaggio “cruciale”. Come lo ha vissuto?

«Durante il tempo del ballottaggio ho conosciuto tantissima gente. Oggi lo posso affermare tranquillamente: quella vittoria è legata solo alla mia caparbietà. Dovevamo superare un preconcetto: ossia la funzione centripeta del reggino rispetto a una provincia che richiede attenzione e ce l’abbiamo fatta».


Processo "Gotha" - Il rapporto con Romeo: «Oggi mi sento usato»

«Ho fatto tante cose positive, poi mi ritrovo un avviso di garanzia per la pubblicazione di un libro». Peppe Raffa perde il suo proverbiale aplomb velandolo con l’ironia.

Presidente, eppure dagli atti sembra che le porte di Palazzo Alvaro fossero particolarmente accoglienti con Paolo Romeo.

«Vale la pena premettere come Paolo Romeo avesse una dimestichezza assoluta nel vivere gli ambienti istituzionali. Lo ricordo anche in Prefettura sempre a parlare di temi che, personalmente, ho sempre letto in chiave nobile, di sviluppo del territorio».

Prefettura o meno, qui era di casa...

«Su questa vicenda sono a disposizione della magistratura per tutte le spiegazioni necessarie. I rapporti con Paolo Romeo erano finalizzati a un processo di coinvolgimento delle realtà territoriali.
L’obiettivo comune, dal mio punto di vista, era certamente positivo. Poi l’indagine determina altro, ma io non potevo saperlo. Se la Città metropolitana era solo l’opportunità di entrare in determinate dinamiche, questo mi delude molto. La verità è che, oggi, mi sento usato per il raggiungimento di quegli obiettivi a mia totale insaputa».

Quindi non c’era alcun asset politico fra di voi?

«Non sono io a dirlo, ma le carte dell’inchiesta, in cui emerge chiaramente come questa entità politico– associativa in qualche modo lavorava contro di me».

Si spieghi meglio.

«Ricorderete che è stato fatto un emendamento al Senato a tal proposito e non sono mancati i tentativi di richiesta delle mie dimissioni per far partire prima la Città metropolitana. Questi sono fatti. Io ricordo le pressioni che furono fatte da più parti, anche da Confindustria per le mie dimissioni».


Dal 2011 al 2016. Un lustro di attività. Cosa la inorgoglisce?

«Rivendico di aver creato una simbiosi positiva con il territorio. Sicuramente un fiore all’occhiello sono state le bande musicali giovanili. Quella serata con il maestro Riccardo Muti rappresenta una grande momento di gratificazione collettiva».

In cinque anni da presidente della Provincia, invece, cosa si rimprovera?

«Che a giudicarci non siano stati gli elettori. Eppure, ad esempio, quella di Reggio Calabria è stata una mosca bianca rispetto al patto di stabilità che è stato pienamente rispettato».

Solo questo?

«Penso alla Bovalino–Bagnara che è ancora incompleta e resterà tale perché manca una linea di finanziamento di quasi un miliardo di euro. Io avrei immaginato che nei Patti per la Città metropolitana, invece della classica parcellizzazione di interventi spot nei singoli comuni, si introducesse un’opera del genere».

Ma a proposito, quando sarà pronta la Gallico – Gambarie?

«Abbiamo concluso in questi giorni il primo stato d’avanzamento lavori. Mi sento di poter affermare che entro il 2019 sarà conclusa».

Grandi opere, altro tema sospeso tra Procure e lungaggini burocratiche.

«Ci sono troppe criticità normative: anche il nuovo codice degli appalti ne presenta molte. Troppi soggetti devono esprimere il loro parere e per farlo, spesso, i tempi si allungano all’inverosimile».

I trasporti e le infrastrutture fanno registrare un grave ritardo del territorio rispetto al resto del Paese. Ci penserà la nuova Città Metropolitana?

«Questo Ente, a mio avviso, nasce già male con un grave vulnus di democrazia. Per questo motivo si perde anche, da parte di chi amministra, il desiderio e la voglia di dare risposte a chi ti ha votato. Purtroppo è stato ridotto a un sistema per “addetti ai lavori”».

Eppure è stato annunciato come “l’ultimo treno”.

«La verità è che c’è un tessuto sociale disaggregato. L’obiettivo dovrebbe essere quello di far confluire le differenze in un’unica grande risorsa. Soprattutto nell’integrazione dei servizi con Messina nell’area dello Stretto».

Mobilità - «Forse c’è un disegno per salvare solo un aeroporto»

Della sua amministrazione è stata la sfida più importante: l’Aeroporto dello Stretto il cui destino, oggi, appare appeso a un filo. Raffa affronta anche questo tema.

Aeroporto sì, aeroporto no.

«Serve salvare lo scalo. La Regione ancor oggi non si smentisce: malgrado abbia versato novecentomila euro, pare non siano utilizzabili per l’esercizio provvisorio prorogato fino al 15 marzo 2017».

Quindi la sua frase suona come un “vorrei, ma non posso”.

«Il discorso è molto più complicato, ma partiamo con il dire che tutte le strutture aeroportuali sono purtroppo in perdita, compresa Lamezia Terme».

Adesso è corsa contro il tempo, però, visto che Sagas ha annunciato che ritirerà il ricorso pendente sul bando Enac.

«Non so se tecnicamente caduto l’interesse del ricorrente, il bando che il Tar Calabria ha definito come illegittimo possa comunque proseguire con la certezza che si tratti di una procedura viziata. Il vero problema è che qui si addossano responsabilità solo alla politica».

Perché di chi altro sarebbero?

«Le sembra normale che un burocrate che sbaglia un bando, che può pregiudicare lo sviluppo di un’infrastruttura, non avrà nessuna ripercussione?».

La “colpa” quindi sarebbe di Enac?

«Si può immaginare una soluzione, come la gestione unica degli aeroporti, ma non si deve utilizzare uno strumento giuridicamente sbagliato, come un bando comunitario, violando di fatto il principio della libera concorrenza ».

Si dice che a pensar male si fa peccato, ma forse si indovina. Sposa questa teoria?

«Il rischio o il “disegno”, in base alle interpretazione dei fatti, è che si punti a un solo aeroporto: Crotone ha chiuso, Reggio sta “vivacchiando”. Ma ancora per quanto?»

Eppure la Sogas è fallita rovinosamente...

«Vorrei andare a ritroso: perché è fallita la Sogas? Purtroppo si cerca di dare informazioni distorte. Noi abbiamo dimostrato, carte alla mano, che nel quinquennio di nostra gestione c’è stato un risparmio di quasi dieci milioni sui costi. Probabilmente uno dei veri motivi è dovuto al rimpallo, di anno in anno, di Enac che non ha mai concesso una gestione piena, trentennale, dello scalo ».

E forse è colpa pure di una distonia politica con la Regione Calabria.

«La conflittualità con l’allora governatore Scopelliti ha avuto un peso sicuramente rilevante, ma, ad esser sinceri, si tratta di un ping–pong durato quindici anni con il continuo impegno di risorse pubbliche che spesso come Ente abbiamo dovuto supplire alle assenze di altri soci inadempienti, come la Regione Calabria e la Provincia regionale di Messina».

Presidente, ma la gestione a Sogas è decaduta un anno fa, non prima. Come se lo spiega?

«Basta leggere le motivazioni della decadenza della concessione: alcuni soci non manifestano alcun interesse economico per l’allora società di gestione».

Quindi non c’è più nessuna speranza?

«No, anzi. L’aeroporto sarà salvo se tutti gli Enti saranno consequenziali».

Ci faccia un esempio.

«Tutti parlano di “continuità territoriale”, ma solo noi abbiamo prodotto l’istanza al governo. Quella sarebbe la chiave di svolta di questo aeroporto perché conterrebbe i prezzi e incentiverebbe l’attività dei vettori, compresa Alitalia che da compagnia privata non si può pensare che operi in perdita».


Progettualità che si scontrano con le difficoltà amministrative. In tal senso come giudica i primi 26 mesi di amministrazione Falcomatà?

«Per essere sindaco nella nostra città bisogna essere umili; essere tra la gente, stringere anche qualche mano e forse rischiare. Questa amministrazione non lo ha ancora fatto».

Dal suo punto di vista: solo inesperienza?

«Forse. L’importante è non sentirsi solo l’amministratore di una cerchia di persone...».

Quindi, secondo lei, come “curare” Reggio?

«Questa città ha avuto qualche sussulto, ma non risponde alla terapia. Probabilmente non sono stati inoculati gli anticorpi necessari. Il depauperamento del patrimonio umano di chi va via è la vera patologia».

Da domani Peppe Raffa tornerà a fare il medico di base e...

«Devo essere sincero, in virtù delle ultime vicende, sono un po’ stanco. Naturalmente la politica è una passione che non potrà svanire. Avrò un ruolo diverso, meno “superpartes”. Per farlo ho scelto di farlo accanto ai giovani, a quanti vedevano la politica come una cosa lontano da loro».

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