Avvenire di Calabria

Da Pepe Mujica a Sergio Mattarella. Tutti gli intrecci di Enrico Parisi portano al Sud

Coltivare i sogni in Calabria. Enrico Parisi: «È la rivoluzione»

Federico Minniti

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram

A premiarlo, poche settimane fa, è stato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella; Enrico Parisi è un giovane calabrese che ha deciso di investire nella sua terra. Ma non in senso metafisico: si occupa di agricoltura in Calabria. Lo abbiamo intervistato.

Giovane, calabrese, agricoltore. Il suo sembra essere il profilo ideale per il Green Deal: come è arrivato a questo punto?

Oggi più che mai necessitiamo di evitare carrugi impervi, ma di perseguire obiettivi comuni con il supporto intellettuale di tutti coloro che credono nella meritocrazia e nell’innovazione organizzativa per un nuovo modello imprenditoriale. Nella mia esperienza ha pesato la formazione universitaria, i miei viaggi in Sud America, la mia vita nell’azienda di famiglia ed il percorso di crescita all’interno della squadra Coldiretti che ha sempre promosso e supportato le mie idee, offrendo strumenti concreti che molti più giovani potrebbero cogliere. Adesso è il momento che i giovani trovino il tempo per risvegliare le proprie passioni e sgomitare per la loro realizzazione.

Recentemente ha ricevuto un riconoscimento dal Presidente Mattarella. Che emozione ha vissuto?

Mi ha sicuramente riempito di orgoglio e di responsabilità perché ha intensificato la molla vivificante dentro di me che non ha mai visto morire alcuna speranza per lo sviluppo di una Calabria diversa. Ci tengo però a sottolineare che per quanto possa essere tutt’ora emozionato per la nomina “motu proprio” disposta da parte del nostro Presidente della Repubblica, è doveroso oltre che sincero ribadire che la mia nomina non è un elemento ornamentale, ma il merito di tutti i calabresi che onestamente ogni giorno lavorano e lottano, anche in silenzio, per un’umile rivoluzione quotidiana.

Cosa manca all’agricoltura calabrese per essere totalmente competitiva con le regioni che fanno da traino al comparto?

Mi piace ricordare che la Calabria si attesta fra le primissime regioni d’Italia con gli oltre 200.000 ettari di superficie coltivati in regime biologico e con le oltre 10.000 aziende agricole osservanti dei disciplinari di agricoltura biologica. Ciò però non basta perché la risorsa più importante per un sistema economico efficiente, è il capitale umano che negli ultimi anni ha scelto mete fuori confine determinando un grande impoverimento culturale. Digitalizzazione, innovazione di processo e prodotto ed infrastrutture efficienti, ci permetterebbero di essere più competitivi come “sistema-regione-paese”. Inoltre, mi soffermo sul tema dell’agricoltura sociale per cui nutro grande interesse perché anche io nella mia realtà locale ho creato un piccolo orto sociale al fine di contribuire al miglioramento di alcune categorie svantaggiate. Le “fattorie di sociali” possono rappresentare una grande risorsa per il nostro territorio ed è necessario che la politica regionale recepisca il contributo che le stesse possono offrire al nostro territorio.

Cosa si può fare per promuovere di più e meglio il “made in Calabria”?

A supporto di una maggiore consapevolezza delle potenzialità della Calabria, necessitiamo di una strategia basata sulla creazione di un marchio identitario regionale forte che faccia sentire l’eco delle proprie unicità culturali, come il Codex Purpureus Rossanensis, la Cattolica di Stilo e di quelle legate al mondo agroalimentare, che trovano nei marchi di tutela Igp e Dop diverse produzioni dal valore inestimabile. Queste unicità, come la nostra Svizzera a pochi km dal mare, ovvero la Sila, rappresentano strumenti che altri paesi devono inventare per mettere a sistema una strategia mentre noi godiamo già di tutti i tasselli per la promozione di un’identità collettiva “made in Calabria”.

Crede che nel Recovery Fund verrà data la giusta attenzione al Made in Italy (specialmente al settore agroalimentare)? Cosa si attende?

Next generation EU, noto in Italia come Recovery Fund e poi il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), il cosiddetto Reco- very Plan, prevedono il rilancio del paese focalizzando lo sviluppo sugli assi digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica ed inclusione sociale. Il Pnrr prevede una serie di investimenti per rilanciare la competitività delle aziende italiane, stimolando accordi di filiera, progetti di internazionalizzazione (circa 2 miliardi) e di innovazione di processo e prodotto; e poiché l’agroalimentare può offrire un milione di posti di lavoro per i prossimi dieci anni, mi attendo una grande attenzione per il comparto agroalimentare, il cui sviluppo deve anche passare attraverso la “digitalizzazione delle campagne”, l’ottimizzazione delle risorse e la tutela della biodiversità. Se non ripartiamo dal tessuto imprenditoriale costituito da aziende storiche e di nuova generazione perderemo le nostre componenti distintive e che rappresentano il nostro vantaggio competitivo. Uno dei più grandi piano del XX secolo fu il “piano Marshall”, oggi possiamo accedere ad un secondo programma, che sia sul piano europeo che su quello nazionale, sarà in grado di creare il connubio fra impresa e sviluppo del territorio. Questa sinergia fra valori e benessere comune ci fu insegnata magistralmente dal Grande Olivetti, non dimentichiamolo mai.

Dovesse rivolgersi ai ragazzi calabresi che magari hanno l’idea di lanciarsi in un’avventura simile alla sua, che consiglio direbbe loro?

“Il battito d’ali di una farfalla in Brasile può generare un tornado in Texas”, diceva il matematico Lorenz, non vedo quindi perchéi ragazzi calabresi non possano lanciarsi in un’avventura come la mia, che include, condivide e sperimenta idee per il cambiamento. Ognuno di noi può essere un sano portatore di dignità e di professionalità, promuovendo un nuovo modello culturale. Il problema della nostra terra, ritengo, non sia di carattere politico od economico, bensì culturale e qui i giovani devono credere in maniera fervida ai propri sogni senza perder tempo. In un mio viaggio in Sud America, conobbi una persona molto speciale, direi unica nel suo genere, un rivoluzionario mediato da grande compassione per un mondo in difficoltà ma dalle grandi possibilità, mi riferisco all’ex Presidente dell’Uruguay, Pepe Mujica. Ritrovatomi innanzi a lui, in una campagna appena fuori la città di Montevideo, mi disse senza indugio che «la vita non si spreca, vola via in ogni minuto che trascorriamo e che non possiamo andare al supermercato a comprare porzioni di tempo e di vita. Quindi non possiamo esimerci dal lottare per viverla appieno ogni giorno». Ai giovani dico di unirsi per un cambiamento comune che prenda spunto dal basso, dalla cultura e da quel mondo magico che è l’agricoltura calabrese.

Articoli Correlati