Avvenire di Calabria

Cucullaro, cenacolo di rigenerazione spirituale

Nella struttura aspromontana si sono formate tantissime generazioni di giovani

Ettore Triolo

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Vi sono luoghi nella vita delle persone che lasciano una traccia indelebile, che segnano un percorso, che indirizzano la vita e che alla fine si rivelano parte di un progetto, anzi del Progetto; luoghi nei quali sembra di capitare per caso, mentre, in realtà, Qualcuno ci ha accompagnato per un sentiero invisibile.

Posti dai quali, voltandoci indietro, ci sorprendiamo a rileggere il passato, comprendendone il significato; dai quali si apre un futuro pieno di speranza e di promesse.

Luoghi nei quali il presente diviene un tempo ricco, caratterizzato da legami significativi; posti nei quali l’anima respira, sogna, progetta e rischia.

Ecco: tutto questo è stato – ed è ancora oggi – Cucullaro per tanti giovani di AC e non solo: un posto speciale, nel quale davvero si percepisce la vicinanza del Signore, nel silenzio dei tramonti sullo Stretto, nelle notti protette dal firmamento del cielo, nelle albe delicate che si fanno breccia tra gli alberi dal lato della montagna.

Qui si sono formate tantissime generazioni di giovani che hanno scoperto la bellezza della compagnia semplice e gioiosa, il gusto del confronto che fa crescere. Giovani che hanno trovato il coraggio di osare, di dire un sì che faceva paura, che hanno saputo compiere scelte controcorrente, che hanno appreso l’importanza e la ricchezza del servizio, ai più piccoli, ai poveri, ai malati.

Qui sono si sono rafforzate vocazioni e sono sbocciati amori.

Un spazio nel quale ci si riscopre trasfigurati dall’incontro con Cristo (tante volte, infatti, il brano della trasfigurazione è stato al centro delle celebrazioni eucaristiche dei campi estivi), come se fosse lì a spiegarci ciò che stava accadendo.

In questo angolo di Aspromonte sono maturate scelte che hanno segnato la vita della nostra comunità diocesana, contraddistinte dal profumo della profezia e dalla profonda incarnazione nella realtà figlia del Concilio Vaticano II: scelte di impegno comunitario che hanno volti e nomi ben precisi, di sacerdoti e di laici che ci hanno avvicinato, accompagnato, incoraggiato.

Dunque una “Casa” che profuma di “Concilio” che deve continuare ed essere segno di una Chiesa che sa essere compagna di strada, e luogo nel quale si continua a sperimentare la dimensione della corresponsabilità e di quella speciale forma di ministerialista laicale che scaturisce dall’appartenenza all’Ac.

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