Avvenire di Calabria

«Dovremmo essere in grado di accoglierli subito nelle case, presso famiglie, in strutture diocesane adatte»

Diciotti, scomparsi 50 profughi. Bassetti: «Temo per loro»

Le dichiarazioni del presidente Cei in un’intervista rilasciata ad Avvenire

Redazione Web

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“Sono profondamente dispiaciuto per l’allontanamento di alcuni profughi da Rocca di Papa. So con quanto amore e premura erano stati accolti dalla Caritas, ci siamo veramente sentiti di fare per loro tutto ciò che facciamo per i nostri poveri. E ora temo per la loro sorte”.

Lo dice il presidente della Cei, il card. Gualtiero Bassetti, in un’intervista rilasciata ad Avvenire, esprimendo preoccupazione per i 50 migranti soccorsi dalla nave Diciotti, che avrebbero deciso di allontanarsi in modo volontario dalle strutture di accoglienza. “Ci sono tante espressioni di malavita nella nostra società, pronte a sedurli come specchietti per le allodole. E anche questo mi fa paura – sostiene il porporato –. Ma rispetto la loro scelta anche se la ritengo in parte assurda”. Il presidente della Cei ribadisce di non aver “nulla da rimpiangere circa quanto abbiamo fatto per accoglierli e toglierli dalla nave Diciotti”. Secondo il cardinale, “l’allontanamento non è la soluzione migliore”.

Eppure “sono persone libere, non possiamo andare oltre certi tipi di assistenza. Non possiamo chiamare i carabinieri in modo da farli vigilare perché non scappino. Se facessimo così, li metteremmo nelle stesse condizioni di quand’erano chiusi nella nave”. Il presidente della Cei è consapevole che queste persone “non sono venute per restare in Italia”, ma “desiderano raggiungere i loro parenti, mete diverse, oppure seguire altri sogni”. “In questo momento la loro scelta di allontanarsi la ritengo un’imprudenza, ma devo anche capire che se lo hanno fatto avevano dei motivi, non è certo perché li abbiamo angariati o trattati male”.

Un’esperienza dalla quale imparare che “quando arrivano, e dopo una prima assistenza rapida – spiega il card. Bassetti -, dovremmo essere in grado di accoglierli subito nelle case, presso famiglie, in strutture diocesane adatte, com’è stato fatto per tanti. Perché allora vivono meglio la libertà. Vanno accelerati i tempi per l’accoglienza vera, dopo quella provvisoria dei primi giorni”.

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