Avvenire di Calabria

Dopo l'alluvione in Emilia Romagna c'è chi si interroga sulla "tenuta" della Calabria rispetto al fenomeno del dissesto idrogeologico

Dissesto idrogeologico, Calabria terra fragile e con difficoltà di spesa pubblica

Sull'ambito vige un commissariamento che, a oggi, ha speso solo poco più del 30% dei fondi speciali messi a disposizione dallo Stato

di Redazione Web

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram

Dopo l'alluvione in Emilia Romagna c'è chi si interroga sulla "tenuta" della Calabria rispetto al fenomeno del dissesto idrogeologico. Sull'ambito vige un commissariamento che, a oggi, ha speso solo poco più del 30% dei fondi speciali messi a disposizione dallo Stato.

Dissesto idrogeologico, la situazione nella Calabria "commissariata"

«Cambiamenti climatici, siccità sono diventati argomenti di discussione a livello globale e, in modo diffuso, anche in Italia, dal Nord al Sud». Lo sottolinea Maria Pia Funaro, 48 anni, ingegnere con un Master e diversi corsi di perfezionamento sulle tematiche dell’ingegneria ambientale, dal 2021 vice sindaco di Cosenza con delega all’Ambiente.


I NOSTRI APPROFONDIMENTI: Stai leggendo un contenuto premium creato grazie al sostegno dei nostri abbonati. Scopri anche tu come sostenerci.


Interpellata come esperta della materia da “Opinioni Calabria”, il periodico dell’Associazione fra ex consiglieri regionali (testata che anticipa su queste colonne alcuni contenuti del suo intervento sul preoccupante fenomeno), anche a seguito di quanto è accaduto in Emilia-Romagna, sottolinea che «concorrono alle situazioni di criticità anche fenomeni metereologici non usuali, dovute a temperature elevate per periodi prolungati e all’energia termica accumulata in mare, che determinano eventi intensi denominati “bombe d’acqua”».

Si tratta di «una massa di pioggia che scaricandosi in modo concentrato su un suolo inaridito dal caldo e incapace di trattenere l’acqua in arrivo, non provoca alcun beneficio alle produzioni e alla mitigazione della siccità». Pertanto, aggiunge l’esperta, «a livelli più vicini alle potenzialità delle istituzioni territoriali e locali, occorre ripensare a modelli e misure capaci di mitigare gli impatti, riducendo le emissioni di gas ed adottando politiche di pianificazione nelle città, dove è necessario aumentare la presenza di alberi e gestire al meglio il deflusso delle acque piovane, accompagnate da un cambiamento radicale nell’uso del suolo e nella gestione delle acque».

Per fare un esempio, ricorda Maria Pia Funaro, «nell’ultimo anno nella città di Cosenza, sono state messe a dimora oltre 700 specie arboree ed è stato, contestualmente, istituito un collegio di Garanti del Verde (il primo a sud di Napoli e tra i pochi in Italia) con l’intento di tutelare e valorizzare il patrimonio arboreo e tutta l’infrastruttura “verde-blu” che permea le maglie del tessuto urbanizzato».

Riflettendo anche su altre aree urbane calabresi, in concreto, sostiene l’ingegnere ambientale, «occorre attuare, ovunque possibile, una de-impermeabilizzazione delle pavimentazioni cementificate, optando per soluzioni con materiali porosi che fanno filtrare l’acqua, valutando nel contempo l’opportunità di ricorrere a sistemi di depurazione dagli agenti inquinanti, previo accumulo in adeguate vasche di raccolta. Un esempio potrebbe essere quello di rendere obbligatoria la raccolta e il recupero delle acque piovane, installando idonei sistemi di risparmio idrico, di accumulo e di utilizzazione sia in ambiente urbano che in agricoltura».


Non perdere i nostri aggiornamenti, segui il nostro canale Telegram: VAI AL CANALE


Funaro non trascura di citare, «in termini di politiche urbane ecosostenibili, il 29esimo rapporto Ecosistema urbano di Legambiente e Ambiente Italia, che si basa su 18 parametri raggruppati in 5 macroaree (aria, acqua, rifiuti, mobilità, ambiente)», rapporto che «fotografa le performance ambientali di 105 città.

Nel report del 2022, Cosenza si posiziona al quinto posto, prima tra i capoluoghi di provincia nel Mezzogiorno. “Fa acqua”, però, in termini di risorsa idrica, piazzandosi in 21ma posizione in termini di dispersione della rete idrica e, addirittura, in 49ma posizione per consumi idrici. È evidente che l’azione dell’amministrazione non può che partire dalle criticità riscontrate intervenendo in modo strutturale, attingendo alle risorse disponibili (tra cui quelle a valere del PNRR)».

Dall’inizio dell’anno (escluso l’ultimo mese) a preoccuparsi di siccità è stato soprattutto il Settentrione, ma il Meridione non è da meno, soprattutto nel periodo estivo, siccità che si pone da ostacolo non solo allo sviluppo dell’agricoltura, anche a quello turistico. In estate ci sono diversi comuni calabresi che sono costretti a razionalizzare l’erogazione dell’acqua potabile per molte ore al giorno, al punto che non pochi turisti anticipano la fine delle loro ferie o, addirittura, disdicono le prenotazioni. I rimedi possibili alla siccità sono diversi, dall’avvio di politiche serie di contrasto allo spreco a quelle per individuare perdite gravi delle reti idriche.

Ci sarebbero anche opere di desalinizzazione dell’acqua del mare di cui Israele è “maestro” in quest’attività, ideatore di impianti ad hoc. Israele, che è parte integrante di una delle aree geografiche più adire del pianeta, con il 60% del territorio desertico, punta ad arrivare entro il 2050 al 70% del suo fabbisogno di acqua prodotta dal processo di dissalazione di acqua salata (attualmente copre circa il 40% grazie al funzionamento di cinque grandi impianti). La Calabria, con i suoi oltre 700 km di costa, avrebbe risolto il problema del suo approvvigionamento idrico. Certamente occorrono importanti investimenti, come ha fatto Israele.

Per l’ingegnere ambientale Funaro, «più che di grandi investimenti, c’è bisogno di un processo di cambiamento di ordine culturale» ed aggiunge: «In Italia e in Calabria non mancano le norme, né i piani e, sulla carta, nemmeno i soggetti gestori nel sistema di governo delle risorse idriche. E certamente non manca la risorsa idrica che, seppure distribuita in maniera irregolare nello spazio e incostante nel tempo, non presenta elementi di criticità tali da giustificare il grave stato in cui versa l’intero sistema idrico. È fondamentale attuare un monitoraggio continuo, perché avere dati attendibili consente di conoscere il sistema, fare ipotesi e scegliere le strategie di intervento più idonee e serve un approccio gestionale che guidi le azioni politiche ricordando – da cattolica impegnata – il monito e l’insegnamento di Papa Francesco: “Ripristinare la natura danneggiata significa recuperare noi stessi”».


PER APPROFONDIRE: Dagli incendi estivi al ciclone mediterraneo, ecco cosa rischia la Calabria


Rischio idrogeologico e alluvioni - senza fare “terrorismo mediatico” - la Calabria è da bollino rosso. A darne conferma è l’Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale (Ispra) che ha analizzato i diversi indicatori di rischio. L’Ispra ha aggiornata il Rapporto sul dissesto idrogeologico in Italia.

La conformazione morfologica, gli effetti del cambiamento climatico e di alcuni episodi gravi di mutamento dei territori (come gli incendi estivi che hanno falcidiato le montagne calabresi nel 2021) sono tra gli indicatori che collocano la Calabria tra le regioni più a rischio. L’Emilia-Romagna è la prima regione per quota di terreno a rischio. Ma la Calabria è quella più esposta allo scenario di pericolosità elevata.

Nessuna “novità” se si considera che la Calabria ha attualmente un commissario per il contrasto al dissesto idrogeologico della Regione che è Giuseppe Nardi. Una struttura commissariale, però, praticamente vuota: stiamo parlando di 478 milioni di euro che, secondo quanto riporta il cruscotto del sito governativo Opencoesione, sono terribilmente fermi al palo.

Il commissario Nardi, però, sostiene che il sito non sia aggiornato. Questo perché è alimentato dai dati che invia la stessa Regione e, vista la carenza di organico, l’invio non sempre avviene con la necessaria puntualità. In proposito quindi ci ha inviati i dati aggiornati al 31 dicembre 2022 che in effetti divergono leggermente da quelli pubblicati, ma nella sostanza confermano la grande difficoltà a spendere quelle risorse.

Secondo l’ufficio del commissario su 347 interventi ne sono stati conclusi e collaudati 127 mentre 220 sono in corso. Tutto questo porta al fatto che dei 478 milioni ad oggi ne sono stati spesi 147 con una percentuale della spesa che si aggira sul 31%. Nardi, che è in carica da circa un anno, si dice comunque soddisfatto del suo lavoro.

Nella nota diffusa alla stampa, il commissario dice infatti di aver impresso una decisa accelerazione alla spesa. Lo dimostrerebbero i numeri diffusi dal suo ufficio: i progetti esecutivi approvati sono 36 (in rapporto ad una media degli ultimi anni pari a 17); i contratti pubblici sottoscritti sono pari a 22 (la media degli ultimi anni era 9); l’avanzamento della spesa è pari a 27 milioni (la media degli ultimi due anni era pari a 12,3); i mandati di pagamento sono stati 448 (media degli ultimi due anni 360).

Insomma qualcosa si sta muovendo e Nardi sostiene che con la giusta dotazione organica molto di più si sarebbe potuto fare. A livello politico, la Giunta regionale ha da poco approvato un disegno di legge che riordina il sistema della Protezione civile calabrese. Tra i punti decisivi del testo, figurano, l’individuazione di Ambiti territoriali ottimali, l’individuazione delle competenze di ogni componente, l’articolazione delle strutture regionali, l’introduzione dello stato di mobilitazione e dello stato di emergenza regionale.

A livello più prettamente operativo, la Regione - prevede la proposta di legge - «organizza e gestisce la colonna mobile regionale di protezione civile per gli interventi. Alla colonna mobile regionale partecipano la Regione, i suoi enti strumentali, gli enti locali e il volontariato di Protezione civile organizzato. Possono, altresì, essere integrate nella colonna mobile regionale di Protezione civile unità operative e moduli delle altre strutture operative regionali di Protezione civile. «Il quadro delle strutture operative del Sistema è completato dal concorso degli enti regionali, con particolare riferimento all’Azienda Calabria Verde. Viene inoltre regolamentato il Fondo regionale per la protezione civile da destinare alle finalità proprie del potenziamento e del miglioramento della risposta operativa del Sistema» conclude una nota dell’esecutivo regionale.

Articoli Correlati