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Una celebrazione intensa e ricca di emozione ha accompagnato l’ordinazione sacerdotale di don Pietro Casciano e don Angelo Pensabene: Dall'augurio dell'arcivescovo Morrone alle testimonianze dei due nuovi sacerdoti, ecco l'immagine di una Chiesa che si fa prossima.
Nella serata di sabato 24 maggio, don Pietro Casciano e don Angelo Pensabene sono stati ordinati presbiteri per l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria dell’arcivescovo di Reggio Calabria - Bova, monsignor Fortunato Morrone. La celebrazione si è svolta nella Cattedrale di Reggio Calabria, gremita di fedeli, sacerdoti e famiglie.
Durante l’omelia, l’arcivescovo Morrone ha proposto una riflessione sul brano del Vangelo di Giovanni (cap. 14), soffermandosi sul valore della vocazione e del ministero sacerdotale. Al centro della sua meditazione, il tema dell’amore di Cristo, della presenza dello Spirito Santo e del ruolo dei presbiteri nella Chiesa.
«Gesù prepara i discepoli al suo esodo pasquale», ha affermato l’arcivescovo, «e i suoi non saranno privati della sua presenza, perché ritornerà: “vado e tornerò a voi”». Una presenza nuova, sacramentale, che si realizza nello Spirito: «Gesù di Nazaret, l’Emmanuele, l’Incarnato, pone la sua tenda, la sua presenza “in” noi, mediante lo Spirito del Padre elargito con sovrabbondanza nell’ora gloriosa della sua crocifissione».
L’amore, ha spiegato Morrone, è il cuore del rapporto tra Cristo e i suoi discepoli: «Nel donarsi a noi Gesù ci fa entrare così nell’eterno abbraccio dell’Amore trinitario che riconosciamo nello Spirito Santo scaturito dal suo costato trafitto».
Ai nuovi presbiteri, l’arcivescovo ha ricordato che «il rapporto personale con il Signore, relazione intessuta dal costante ascolto della Sua parola e la conseguente osservanza è imprescindibile per tutti i battezzati, e in particolare per la vita dei presbiteri». E ha proseguito: «L’amicizia con il Signore coltivata nei ritmi della vita quotidiana con la preghiera personale e comunitaria, specialmente nella forma della Lectio divina, struttura il nostro pensare e agire, dà forma credente al nostro cuore».
Nel cuore dell’omelia, monsignor Morrone ha evidenziato il significato dell’obbedienza evangelica: «L’obbedienza - ob-audire - cioè il prestare ascolto alla parola di Cristo, fa luce sui sentimenti, sulle emozioni, sulle ferite del proprio cuore per essere sensibili e attenti alle ferite, alle emozioni e ai sentimenti degli altri».
Il sacerdote, ha poi aggiunto Morrone rivolgendosi direttamente a don Angelo e don Pietro, è chiamato ad annunciare Gesù «non come realtà estranea a sé, ma come parte integrante della propria esistenza»: «Carissimi Angelo e Pietro, sarete chiamati ad assumere nella vostra carne le gioie, le fatiche e le speranze delle persone che la Chiesa vi affiderà, per aiutarle a stare nella loro vita e insieme a voi, al passo di Gesù».
L’arcivescovo ha poi sottolineato la responsabilità del ministero ordinato come riflesso della fiducia e dell’amore gratuito di Dio. «È proprio il Padre di Gesù – ha detto – ad aver posto totale fiducia in ciascuno di noi, in voi Angelo e Pietro, affidando alla nostra fragile esistenza, alla nostra ondivaga libertà di figli, la medesima missione del suo amato Figlio». Fiducia che è il rischio che Dio ha voluto correre per amore: «Essendo amati così e molto di più di quanto possiamo immaginare, tutti noi battezzati, ma in particolare noi ministri ordinati siamo il rischio di Dio, la sua scommessa d’amore perché questo mondo viva e speri in Gesù, unico Salvatore», ha detto il presule.
Monsignor Morrone ha concluso la sua omelia con un’esortazione rivolta ancora una volta ai due neo-presbiteri, per incoraggiarli a vivere il ministero in profonda comunione con il Signore e il popolo a loro affidato: «Pertanto, nell’essere costituiti ministri del Signore, senza alcun merito, a vantaggio del popolo di Dio, scoprirete che quanto più crescerete nel vostro personale e intimo rapporto con il Signore Gesù, lasciandovi guidare dal suo Spirito, tanto più saprete farvi guide e pastori gioiosi della porzione del popolo di Dio a voi affidato. Nell’ascolto e dall’ascolto orante e costante del Signore, della Sua parola, saprete di conseguenza tendere l’orecchio del vostro cuore ai tanti volti di varia umanità, buoni o cattivi che siano, potenti o ultimi, che attendono da voi, non da altri, una parola di consolazione e di prossimità, di amicizia e non di giudizio sprezzante».
Quindi l'augurio: «Il vostro ministero nel mezzo e accanto alle comunità che presiederete diventi, allora, di giorno in giorno uno spazio umano dove ciascuno si senta incontrato, riconosciuto, toccato, amato, riconciliato, rimesso in piedi dal Signore Gesù, così come lui ci ha insegnato. E facendo memoria eucaristica del comandamento nuovo del Maestro, da come lui ci ha amati, saprete intessere con tutti relazioni rispettose, mature ed accoglienti con quel tratto di mitezza e di umiltà, proprie e identitarie dei ministri di Cristo, che si riflettono di conseguenza nelle nostre comunità parrocchiali per educarle ad essere case e scuole di comunione e di fraternità, aperte all’incontro e alla cordiale accoglienza, sacramento dell’amore di Dio, che disarma ed esorcizza ogni spirito cattivo e che offre speranza certa agli smarriti di cuore».
Vi proponiamo, di seguito, la testomonianza ad "Avvenire di Calabria" di don Angelo Pensabene che ieri ha celebrato la prima Messa presso la comunità parrocchiale di appartenenza, San Biagio in Gallico Superiore:
E così è arrivato il grande giorno, insieme a Pietro sabato sera siamo stati ordinati presbiteri per l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria di monsignor Fortunato Morrone. Scrivendo queste righe, sento la gioia profonda per il cammino vissuto, nel quale il Signore mi ha reso suo strumento nel servizio diaconale: celebrare la Liturgia della Parola, portare la comunione agli amma-lati, benedire le famiglie, annunciare il Vangelo. Qualche giorno fa portando l’Eucaristia a una persona anziana, ho visto ancora una volta il desiderio ardente e l’amore che scaturiscono in chi attende il Pane della vita, che è la Vita stessa.
È stato emozionante incrociare gli occhi innamorati di questa figlia di Dio che mi ha detto: «Mi mancava fare la Comunione», «Lui è sempre con me». Nel pomeriggio, durante la benedizione di una famiglia, una bambina di quasi sei anni mi ha colpito con le sue domande su Gesù, con parole piene di amore e verità: «Lui è una Persona!». Quando poi la bambina mi ha chiesto: «Come si fa a sapere che Gesù mi ascolta?», sono tornato alla mia infanzia, a quando anch’io feci quella domanda. Allora una signora mi rispose: «Gesù già ti sta ascoltando!».
È stata la stessa risposta che ho donato a lei. In questi incontri ho rivissuto la mia ricerca della Verità, che grazie all’annuncio del Vangelo ha trovato un nome e fatto nascere in me il desiderio di incontrare il Suo volto: quello di Gesù Cristo. Mi ritorna in mente anche la festa che la mia parrocchia organizzò per il mio ingresso in seminario. Al termine mi chiesero di condividere le emozioni che provavo; quella che un’amica battezzò scherzosamente come la mia «prima omelia» la sento ancora oggi vera: l’amore che provo, che mi attrae a Lui, che vince paure, dubbi e fragilità umane, che mi mette in cammino per conoscerlo sempre più, è lo stesso amore che voglio annunciare, a chi il Signore mi farà incontrare. È l’Amore che solleva, custodisce, rigenera, accompagna. È l’Amore puro e vero che dice «gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date». Da oggi i ritmi cambieranno, le responsabilità saranno grandi, non mancheranno prove e tribolazioni, ma il Signore sarà con me, per sostenermi in questa missione d’amore.
Don Pietro Casciano ha presieduto per la prima volta la celebrazione eucaristica da sacerdote, sempre nella giornata di ieri, nella sua comunità di Santa Maria del Buon Consiglio a Ravagnese. Ecco la sua testimonianza condivisa con "Avvenire di Calabria":
Ho ventisei anni e ieri sera nella Basilica Cattedrale di Reggio Calabria sono stato ordinato presbitero. L’ordinazione è una tappa importante per la mia vita, un momento che rappresenta il termine di un cammino di formazione ma al contempo una ripartenza per una missione nuova che Dio mi affida tramite la Chiesa. Sì, perché la volontà di Dio si manifesta prevalentemente tramite la Chiesa, attraverso mediazioni umane e visibili.
Come ho potuto percepire l’amore di Dio nella mia vita? Attraverso l’amore dei fratelli della mia comunità parrocchiale. Crescendo, quando nella mia vita iniziavano a mostrarsi le prime grandi crisi e difficoltà, è nella Chiesa che ho sperimentato la bellezza di appartenere ad una comunità generativa. E in effetti il Signore Gesù l’aveva insegnato ai suoi: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13, 35).
L’amore e la comunione tra fratelli evangelizzano più di tante parole proferite e senza testimonianza di vita. Da giovane che abitava la piazza parrocchiale solo per divertirsi con i suoi amici, grazie alla pazienza di un giovane parroco, don Nicola, che non ci cacciò per il troppo baccano ma spese il suo tempo accanto a noi, iniziai a vivere la comunità cristiana. Più amavo, più percepivo l’amore di Dio. Più servivo, più sentivo di seguire il Signore. Pensavo di donare me stesso, ma invece ricevevo dalla comunità molto più di quanto io miseramente potessi dare. Alla comunità parrocchiale si aggiunse la famiglia del Rinnovamento nello Spirito Santo che è stata la via in cui ho potuto comprendere la mia missione.
Ciò che avevo ricevuto, Dio mi chiamava a donarlo agli altri nel suo nome. All’interno di una Comunità generativa e in perenne ascolto dello Spirito Santo, avvertii la vocazione divina a diventare padre, non tramite la carne, ma mediante l’azione dello Spirito Santo, attraverso il ministero ordinato. Certamente rispondere con il mio “Eccomi” non è stato immediato. Dentro di me risuonava sempre questa finta illusione: «Se davvero Dio mi chiama al presbiterato, me lo deve mostrare in maniera lampante e chiara», però più pregavo il “Padre nostro” e più mi sentivo ipocrita mentre dicevo «sia fatta la tua volontà». Dio mi chiamava a fare la sua volontà, ma io stavo procrastinando il compiersi della volontà divina nella mia vita. Perciò, prendendomi di coraggio, chiesi di entrare in seminario per iniziare a verificare la mia vocazione e camminare verso l’ordinazione.
Varcare le porte della Cattedrale ieri sera e vedere tanta gente gioire con me per l’ordinazione ha riempito il mio cuore di gioia. Certamente adesso è il momento della gioia e della festa, ma come mi ha insegnato un’anziana saggia della parrocchia in cui svolgo il mio servizio, il presbiterato inizia quando la festa termina e, andati via tutti, dovrò quotidianamente rinnovare il mio “Eccomi”, proprio per questo invoco lo Spirito e chiedo a voi di invocarlo per me affinché come Maria possa dire a Dio ogni giorno «Fiat mihi secundum verbum tuum» (Lc 1, 38).
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