Donne e imprese, così il Pnrr prova a colmare le differenze di genere. L’esperienza di “Intrecci” apre scenari interessanti in Calabria. Ma la sfida è renderli ordinarietà. Gli indicatori mostrano come l’Italia sia in ritardo rispetto agli altri Paesi dell’Unione europea. Va in questa direzione l’impegno governativo nello sfruttare i fondi del post-coronavirus.
Donne e imprese, così il Pnrr prova a colmare le differenze di genere
Sarebbe bello se una piccola (o grande) storia di emancipazione femminile non facesse più notizia. Significherebbe che ad una ragazza che riesce ad esprimere le proprie potenzialità, che raggiunge i traguardi perseguiti con lo studio o con l’impegno è garantito lo stesso accesso al mondo del lavoro di un ragazzo di pari età e condizioni.
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Ma non viviamo in un mondo ideale e l’Italia da questo punto di vista è decisamente in ritardo. Dei 72 indicatori proposti dall’Onu per monitorare le politiche di genere a livello mondiale e dei singoli Paesi, in Italia il 52% non è riscontrabile e solo il 21% ha rilevanza significativa, contro una media europea del 24,8%. Per questo il Pnrr contiene delle misure concrete per colmare il gender gap.
Nelle intenzioni del ministro per le Pari opportunità e la Famiglia Elena Bonetti non si tratta di un formale rispetto di quote rosa imposte per legge che si riducono ad un mero e strumentale slogan, ma non hanno nessuna ricaduta pratica sulla vita delle donne ancora tristemente costrette a scegliere tra famiglia o lavoro. Significa piuttosto investire nel lavoro delle donne, nei servizi educativi.
Si tratta di promuovere l’imprenditoria femminile, pretendere la trasparenza salariale; tanto da arrivare a prevedere nel Pnrr la certificazione per la parità di genere nelle aziende e le condizionalità e premialità nei bandi e negli appalti pubblici per favorire l’assunzione di donne e giovani. E proprio il ministro Bonetti segue con grande vicinanza l’esperienza della Cooperativa sociale tutta al femminile “Intrecci”, che nel settembre 2021 ha tenuto a battesimo a Reggio Calabria.
Quattro ragazze che al termine del progetto di mediazione penale minorile e avviamento professionale “Ri-Mediamo: oltre il conflitto” hanno deciso di scommettere su loro stesse e di cogliere l’opportunità offerta da Ismed, il Tribunale per i Minorenni e la Procurapresso il Tribunale per i Minorenni di ReggioCalabria, l’Università mediterranea, la Camera Minorile e l’Unci Calabria di fare impresa. Non è una storia di marginalità, è una storia di potenzialità, quelle che queste quattro giovani donne hanno scoperto di possedere.
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Le ragazze di Intrecci hanno organizzato una piccola ma promettente attività imprenditoriale ospitata presso i locali dell’Azione Cattolica Diocesana per la creazione di gioielli artigianali realizzati anche con materiali di risulta che – come loro – assumono nuova vita.
Nei colori delle loro creazioni c’è una delle sfide più grandi che questo tempo ci chiede: ricostruire i legami con il coraggio di riconoscere che la persona deve essere messa al centro di tutte le scelte, anche di quelle della politica.
È un progetto di “comunità”. È la sfida di un pezzo significativo della società e delle istituzioni reggine che hanno scommesso sul futuro con il solo scopo di non lasciare indietro nessuno, in attesa che una piccola (o grande storia) di emancipazione femminile, non faccia più notizia: perché è felice e consolidata prassi.